Da sempre l'architettura si fonda su una complessa interazione tra la mente e gli aspetti legati alla sfera dei sensi. Da questo punto di vista, un contributo fondamentale lo ha fornito la mano, mediatrice dell'idea attraverso il disegno, e capace in taluni casi di darle direttamente forma mediante un'azione mimetica. In ciò l'architettura rivela di non essere affatto riducibile a mera astrazione, ma di avere a che fare con il corpo. In un'epoca come l'attuale, che tende a sottoporre ogni processo produttivo a una drastica razionalizzazione, non è facile mantenere vivo questo accordo. E non soltanto perché oggi la progettazione è inevitabilmente regolata da programmi di disegno automatizzato. Sempre più spesso nelle società dominate da un capitalismo finanziario smaterializzato l'architettura si limita a soddisfare le esigenze del mercato, al più considerata come la nobile ereditiera di un illustre passato. Ciò impone all'architetto di rispondere a un duplice appello. Se da un lato deve prendere coscienza del ruolo di intellettuale e non di semplice tecnico, dall'altro deve difendere un modo di pensare e organizzare lo spazio e la materia che ne custodisca il rapporto con quella prima radice a cui sono sempre stati connessi: il tempo. Un'architettura che davvero riesca a farsi forma concreta di queste problematiche può proporsi come rimedio per le società odierne, ammalate della carenza di un agire e sentire collettivo. È in tale prospettiva che la pratica dell'architetto dovrebbe guardare al di là dei modelli di operatività puramente esecutiva, riattingendo a una filosofia della prassi, dove il pensare e l'agire sono inestricabilmente connessi.

Questa è architettura. Il progetto come filosofia della prassi

M. Biraghi
2021-01-01

Abstract

Da sempre l'architettura si fonda su una complessa interazione tra la mente e gli aspetti legati alla sfera dei sensi. Da questo punto di vista, un contributo fondamentale lo ha fornito la mano, mediatrice dell'idea attraverso il disegno, e capace in taluni casi di darle direttamente forma mediante un'azione mimetica. In ciò l'architettura rivela di non essere affatto riducibile a mera astrazione, ma di avere a che fare con il corpo. In un'epoca come l'attuale, che tende a sottoporre ogni processo produttivo a una drastica razionalizzazione, non è facile mantenere vivo questo accordo. E non soltanto perché oggi la progettazione è inevitabilmente regolata da programmi di disegno automatizzato. Sempre più spesso nelle società dominate da un capitalismo finanziario smaterializzato l'architettura si limita a soddisfare le esigenze del mercato, al più considerata come la nobile ereditiera di un illustre passato. Ciò impone all'architetto di rispondere a un duplice appello. Se da un lato deve prendere coscienza del ruolo di intellettuale e non di semplice tecnico, dall'altro deve difendere un modo di pensare e organizzare lo spazio e la materia che ne custodisca il rapporto con quella prima radice a cui sono sempre stati connessi: il tempo. Un'architettura che davvero riesca a farsi forma concreta di queste problematiche può proporsi come rimedio per le società odierne, ammalate della carenza di un agire e sentire collettivo. È in tale prospettiva che la pratica dell'architetto dovrebbe guardare al di là dei modelli di operatività puramente esecutiva, riattingendo a una filosofia della prassi, dove il pensare e l'agire sono inestricabilmente connessi.
2021
Einaudi
9788806249564
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
Biraghi-Questa è architettura.pdf

Accesso riservato

Dimensione 3.09 MB
Formato Adobe PDF
3.09 MB Adobe PDF   Visualizza/Apri

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11311/1207660
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact