Abbiamo visitato la 17esima Mostra Internazionale Biennale di Architettura di Venezia, aperta "no al prossimo 21 novembre. Ancora prima di parlare riguardo a questa edizione anomala, postdatata di un anno rispetto alla canonicità temporale dell’evento, va sottolineato che malgrado tutto, e forse proprio per questo, è stata una grande festa, una boccata d’aria fresca che, complici anche condizioni metereologiche perfette, ha veramente fatto percepire che, dopo più di un anno di pandemia e chiusure, si sia sulla strada per un ritorno alla normalità. Questo anche se il pubblico presente era metà di quello che partecipa normalmente al vernissage e non c’è stato il bisogno di correre tra un padiglione e l’altro perché, quasi incredibilmente, la mancanza della folla ha ridato una dimensione umana a tutto l’evento. Permettendo non solo di parlare con i curatori, ma anche di fare nuove amicizie. Una risposta veloce alla domanda che tutti si fanno: merita? Sì, vale la pena. E non solo perché molte delle cose presenti e presentate parlano di architettura mettendo in mostra la vera connessione che esiste tra vita, responsabilità, coscienza e arte. Ma proprio perché pur togliendo l’eccesso di e!etto instagram e la sovrabbondanza di stampa 3D, quello che resta è tanto. E tanto di questo è semplice e opportuno. Il direttore, Hashim Sarkis, architetto i padiglioni e le corderie, sembrano "nalmente non più astrazione. Forse è tempo di mettere in pratica quello che l’avanguardia ecologista ci aveva detto 50 anni fa. E non è più una s"da. Deve essere la nuova, semplice ovvietà delle cose. Dovunque noi siamo, dovunque saremo. Qualunque cosa si voglia progettare. In questo resoconto per punti non troverete tutto, ma solo le cose che ci hanno colpito maggiormente e quelle che ci hanno lasciato qualcosa. A voi veri"care e soprattutto creare i vostri appunti personali dopo la visita.

Ai confini del possibile

L. M. F. Fabris;R. M. Balzarotti;G. Semprebon
2021-01-01

Abstract

Abbiamo visitato la 17esima Mostra Internazionale Biennale di Architettura di Venezia, aperta "no al prossimo 21 novembre. Ancora prima di parlare riguardo a questa edizione anomala, postdatata di un anno rispetto alla canonicità temporale dell’evento, va sottolineato che malgrado tutto, e forse proprio per questo, è stata una grande festa, una boccata d’aria fresca che, complici anche condizioni metereologiche perfette, ha veramente fatto percepire che, dopo più di un anno di pandemia e chiusure, si sia sulla strada per un ritorno alla normalità. Questo anche se il pubblico presente era metà di quello che partecipa normalmente al vernissage e non c’è stato il bisogno di correre tra un padiglione e l’altro perché, quasi incredibilmente, la mancanza della folla ha ridato una dimensione umana a tutto l’evento. Permettendo non solo di parlare con i curatori, ma anche di fare nuove amicizie. Una risposta veloce alla domanda che tutti si fanno: merita? Sì, vale la pena. E non solo perché molte delle cose presenti e presentate parlano di architettura mettendo in mostra la vera connessione che esiste tra vita, responsabilità, coscienza e arte. Ma proprio perché pur togliendo l’eccesso di e!etto instagram e la sovrabbondanza di stampa 3D, quello che resta è tanto. E tanto di questo è semplice e opportuno. Il direttore, Hashim Sarkis, architetto i padiglioni e le corderie, sembrano "nalmente non più astrazione. Forse è tempo di mettere in pratica quello che l’avanguardia ecologista ci aveva detto 50 anni fa. E non è più una s"da. Deve essere la nuova, semplice ovvietà delle cose. Dovunque noi siamo, dovunque saremo. Qualunque cosa si voglia progettare. In questo resoconto per punti non troverete tutto, ma solo le cose che ci hanno colpito maggiormente e quelle che ci hanno lasciato qualcosa. A voi veri"care e soprattutto creare i vostri appunti personali dopo la visita.
2021
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