La condizione di essere senza dimora, in qualunque delle sue declinazioni e per chiunque è estremamente provante (Somerville 1992). La letteratura mette in evidenza come si tratti di un fenomeno che riguarda persone di tutte le età, dalle più giovani (anche minorenni) a quelle che da tempo sono entrate nella vita adulta. Qui ci si occupa di un particolare segmento di questo gruppo sociale, vale a dire i giovani LGBT+ che, per diversi motivi, si trovano a non avere più la possibilità di vivere con la propria famiglia di origine, sia per un periodo di tempo breve, che più a lungo o addirittura, in maniera definitiva. Tali giovani, per via del proprio orientamento sessuale e identità di genere, si trovano a fronteggiare situazione di rischio addizionali e ad esprimere bisogni in parte diversi rispetto ai loro coetanei eterosessuali. La scelta di concentrarci su questo tipo di homelessness risponde anche all’esigenza di dare visibilità a problematiche che sono praticamente assenti nell’agenda accademica e in quella delle politiche pubbliche, in Italia in particolare, ma anche più in generale in Europa (Nolan 2017). Mentre negli Stati Uniti e in Canada sono state effettuate alcune ricerche condotte da organizzazioni militanti e di advocacy sul tema, nel vecchio continente ci si trova a scontare non solo un’atavica carenza di dati ma anche un mancato riconoscimento della specificità del tema nell’ambito degli studi sulla povertà, sul disagio abitativo, sulla condizione dei giovani vulnerabili e nelle discipline che afferiscono al lavoro sociale. Eppure, i numeri sono impressionanti: come si vedrà meglio nel prossimo paragrafo, si stima che tra il 20 e il 40% dei giovani homeless siano LGBT+ e che siano dunque largamente sovra rappresentati tra questa popolazione così problematica (Choi et al. 2015, Nolan 2017). In questo articolo vogliamo ricostruire le vicende che hanno contraddistinto la nascita, l’implementazione e lo sviluppo di “To Housing”, una “casa” specificamente dedicata alle persone LGBT+ senza dimora a Torino che opera in una prospettiva intersezionale (Shields 2008) e con un approccio anche preventivo. Si tratta di un’esperienza unica in Italia anche se negli ultimi mesi sono state inaugurate altre realtà più piccole ma aventi il medesimo intento di supportare le persone LGBT+ che ancora oggi sono spesso vittime di violenza in famiglia e/o a scuola e che, in alcuni casi, vengono allontanate o fuggono da casa abbandonando gli studi e andando incontro a diverse complessità, inclusa la vita di strada.

I giovani LGBT+ senza dimora trovano casa!

G. Costa;
2020-01-01

Abstract

La condizione di essere senza dimora, in qualunque delle sue declinazioni e per chiunque è estremamente provante (Somerville 1992). La letteratura mette in evidenza come si tratti di un fenomeno che riguarda persone di tutte le età, dalle più giovani (anche minorenni) a quelle che da tempo sono entrate nella vita adulta. Qui ci si occupa di un particolare segmento di questo gruppo sociale, vale a dire i giovani LGBT+ che, per diversi motivi, si trovano a non avere più la possibilità di vivere con la propria famiglia di origine, sia per un periodo di tempo breve, che più a lungo o addirittura, in maniera definitiva. Tali giovani, per via del proprio orientamento sessuale e identità di genere, si trovano a fronteggiare situazione di rischio addizionali e ad esprimere bisogni in parte diversi rispetto ai loro coetanei eterosessuali. La scelta di concentrarci su questo tipo di homelessness risponde anche all’esigenza di dare visibilità a problematiche che sono praticamente assenti nell’agenda accademica e in quella delle politiche pubbliche, in Italia in particolare, ma anche più in generale in Europa (Nolan 2017). Mentre negli Stati Uniti e in Canada sono state effettuate alcune ricerche condotte da organizzazioni militanti e di advocacy sul tema, nel vecchio continente ci si trova a scontare non solo un’atavica carenza di dati ma anche un mancato riconoscimento della specificità del tema nell’ambito degli studi sulla povertà, sul disagio abitativo, sulla condizione dei giovani vulnerabili e nelle discipline che afferiscono al lavoro sociale. Eppure, i numeri sono impressionanti: come si vedrà meglio nel prossimo paragrafo, si stima che tra il 20 e il 40% dei giovani homeless siano LGBT+ e che siano dunque largamente sovra rappresentati tra questa popolazione così problematica (Choi et al. 2015, Nolan 2017). In questo articolo vogliamo ricostruire le vicende che hanno contraddistinto la nascita, l’implementazione e lo sviluppo di “To Housing”, una “casa” specificamente dedicata alle persone LGBT+ senza dimora a Torino che opera in una prospettiva intersezionale (Shields 2008) e con un approccio anche preventivo. Si tratta di un’esperienza unica in Italia anche se negli ultimi mesi sono state inaugurate altre realtà più piccole ma aventi il medesimo intento di supportare le persone LGBT+ che ancora oggi sono spesso vittime di violenza in famiglia e/o a scuola e che, in alcuni casi, vengono allontanate o fuggono da casa abbandonando gli studi e andando incontro a diverse complessità, inclusa la vita di strada.
2020
giovani LGBT senza dimora- housing- To Housing- homelessness
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