Dadaab è una città fantasma. Non la si trova sulle mappe ufficiali, perché in realtà non ha lo status di città. Eppure abitano a Dadaab, in Kenia circa mezzo milione di persone, alcune di loro da circa 25 anni. Dadaab, come ci racconta un articolo recente di e Guardian [12], è nata infatti nel 1992 con lo scopo di ospitare circa 90.000 profughi in fuga dalla Somalia, ma di anno la sua popolazione ha continuato a crescere, in mezzo al deserto, sulla griglia disegnata dai planner delle Nazioni Unite. Oggi si presenta come un vero melting pot: nelle strutture temporanee che ospitano da un quarto di secolo i suoi abitanti, convivono diverse popolazioni che hanno costruito qui le proprie esistenze e che chiamano questo posto casa. Il governo kenyano ha annunciato la volontà di smantellare Dadaab, che nel frattempo però è di fatto una quasi città, con i suoi commerci, le sue attività, le sue regole, le sua storie. Nonostante a Dadaab nessuno possa infatti costruire strutture di tipo permanente, poiché l’insediamento è destinato a non rimanere secondo le regole degli attori internazionali che ne hanno permesso la nascita, Dadaab e la sua gente di passaggio si sono costruiti una storia di convivenza, per molti versi assimilabile ad una idea di città. Anche se Dadaab non è ancora (non può essere e forse non lo sarà mai) una città ‘vera’: non è nata per rimanere.
La città in subbuglio: la matematica ci aiuta a capirla? .
Fedeli V.
2021-01-01
Abstract
Dadaab è una città fantasma. Non la si trova sulle mappe ufficiali, perché in realtà non ha lo status di città. Eppure abitano a Dadaab, in Kenia circa mezzo milione di persone, alcune di loro da circa 25 anni. Dadaab, come ci racconta un articolo recente di e Guardian [12], è nata infatti nel 1992 con lo scopo di ospitare circa 90.000 profughi in fuga dalla Somalia, ma di anno la sua popolazione ha continuato a crescere, in mezzo al deserto, sulla griglia disegnata dai planner delle Nazioni Unite. Oggi si presenta come un vero melting pot: nelle strutture temporanee che ospitano da un quarto di secolo i suoi abitanti, convivono diverse popolazioni che hanno costruito qui le proprie esistenze e che chiamano questo posto casa. Il governo kenyano ha annunciato la volontà di smantellare Dadaab, che nel frattempo però è di fatto una quasi città, con i suoi commerci, le sue attività, le sue regole, le sua storie. Nonostante a Dadaab nessuno possa infatti costruire strutture di tipo permanente, poiché l’insediamento è destinato a non rimanere secondo le regole degli attori internazionali che ne hanno permesso la nascita, Dadaab e la sua gente di passaggio si sono costruiti una storia di convivenza, per molti versi assimilabile ad una idea di città. Anche se Dadaab non è ancora (non può essere e forse non lo sarà mai) una città ‘vera’: non è nata per rimanere.| File | Dimensione | Formato | |
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