Come tutti i concetti che diventano di moda, anche quello di smart working tende a perdere i suoi contorni quanto più viene sballottato da una discussione all’altra. Tanto che dietro queste due parole, che racchiudono la nuova frontiera del lavoro da tempo annunciata e oggi accelerata dalla (prima?) pandemia di questo secolo, si nascondono concetti e nomi differenti: lavoro agile, intelligente, telelavoro, lavoro a distanza, da casa, remoto, home office, home working, fino a varianti che si riferiscono a specifici settori, come l’home schooling. Termini anglosassoni si mescolano a vocaboli italiani, aggiungendo un alone di confusione e rendendo i discorsi sempre più vaghi, man mano che il dibattito abbandona gli ambienti più ristretti degli addetti ai lavori e coinvolge il complesso dell’opinione pubblica. Il primo compito di una rivista specializzata nell’approfondimento è dunque quello di circoscrivere l’oggetto di analisi e di svilupparlo nelle sue più diverse declinazioni. Il concetto che tradotto in lingua italiana più coglie l’essenza dello smart working è quello di lavoro agile ed è su questo che i nostri autori si concentrano nelle pagine che seguono. Quali sono gli aspetti che lo caratterizzano, che tipo di tecnologie lo rendono possibile, quali innovazioni sta introducendo nel mondo del lavoro, come si strutturerà quando da emergenza sanitaria diventerà pratica diffusa nelle aziende e nella Pubblica amministrazione, cosa dice la legge in vigore del 2017 e quali accorgimenti legislativi – a livello nazionale ed europeo – sono necessari per adeguarlo ai tempi che cambiano velocemente, sono le domande cui gli autori danno risposta nella Di cosa esattamente parliamo prima parte del numero. A cui si aggiunge, preziosissima, la testimonianza di chi con lo smart working si sta già confrontando da tempo: gli imprenditori della grande industria e delle startup, i lavoratori, i sindacalisti. Un’analisi concreta, al di là del cono d’ombra speculare della denigrazione e dell’esaltazione, consapevole tuttavia che la rivoluzione del lavoro agile non sarà a costo zero. I cambiamenti investiranno la sfera privata dei lavoratori, i ruoli e le abitudini familiari, potranno essere un’ulteriore occasione di emancipazione per le donne, oppure una nuova gabbia, e potranno determinare nuovi squilibri salariali. Ma questa nuova frontiera del lavoro trasformerà anche l’ambiente in cui viviamo e lavoriamo, a cominciare dalle città. Alcuni fenomeni sono stati già registrati in quest’anno segnato dal Covid-19: lo spopolamento dei centri storici, la riduzione o chiusura delle sedi centrali delle imprese, l’esodo verso i centri intermedi, l’immigrazione di ritorno nel Mezzogiorno, che ritrova i suoi giovani pronti a lavorare da remoto, da casa, per le aziende del Nord. Si riduce l’offerta di servizi, a cominciare dalla ristorazione, una contrazione dell’indotto dei grandi uffici, si riduce la mobilità urbana cui consegue una necessaria rimodulazione dell’offerta del trasporto pubblico: nelle metropoli europee, alcune aziende stanno ridisegnando i piani tariffari. Lo smart working diventa così il pilastro di una trasformazione che va al di là del mondo del lavoro e ci sfida a ripensare il nostro modo di vivere. Che era quello che promettevamo di voler fare, una volta superata la drammatica esperienza della pandemia.

In cerca di borghi nelle città. E di città nei borghi

Elena Granata
2021-01-01

Abstract

Come tutti i concetti che diventano di moda, anche quello di smart working tende a perdere i suoi contorni quanto più viene sballottato da una discussione all’altra. Tanto che dietro queste due parole, che racchiudono la nuova frontiera del lavoro da tempo annunciata e oggi accelerata dalla (prima?) pandemia di questo secolo, si nascondono concetti e nomi differenti: lavoro agile, intelligente, telelavoro, lavoro a distanza, da casa, remoto, home office, home working, fino a varianti che si riferiscono a specifici settori, come l’home schooling. Termini anglosassoni si mescolano a vocaboli italiani, aggiungendo un alone di confusione e rendendo i discorsi sempre più vaghi, man mano che il dibattito abbandona gli ambienti più ristretti degli addetti ai lavori e coinvolge il complesso dell’opinione pubblica. Il primo compito di una rivista specializzata nell’approfondimento è dunque quello di circoscrivere l’oggetto di analisi e di svilupparlo nelle sue più diverse declinazioni. Il concetto che tradotto in lingua italiana più coglie l’essenza dello smart working è quello di lavoro agile ed è su questo che i nostri autori si concentrano nelle pagine che seguono. Quali sono gli aspetti che lo caratterizzano, che tipo di tecnologie lo rendono possibile, quali innovazioni sta introducendo nel mondo del lavoro, come si strutturerà quando da emergenza sanitaria diventerà pratica diffusa nelle aziende e nella Pubblica amministrazione, cosa dice la legge in vigore del 2017 e quali accorgimenti legislativi – a livello nazionale ed europeo – sono necessari per adeguarlo ai tempi che cambiano velocemente, sono le domande cui gli autori danno risposta nella Di cosa esattamente parliamo prima parte del numero. A cui si aggiunge, preziosissima, la testimonianza di chi con lo smart working si sta già confrontando da tempo: gli imprenditori della grande industria e delle startup, i lavoratori, i sindacalisti. Un’analisi concreta, al di là del cono d’ombra speculare della denigrazione e dell’esaltazione, consapevole tuttavia che la rivoluzione del lavoro agile non sarà a costo zero. I cambiamenti investiranno la sfera privata dei lavoratori, i ruoli e le abitudini familiari, potranno essere un’ulteriore occasione di emancipazione per le donne, oppure una nuova gabbia, e potranno determinare nuovi squilibri salariali. Ma questa nuova frontiera del lavoro trasformerà anche l’ambiente in cui viviamo e lavoriamo, a cominciare dalle città. Alcuni fenomeni sono stati già registrati in quest’anno segnato dal Covid-19: lo spopolamento dei centri storici, la riduzione o chiusura delle sedi centrali delle imprese, l’esodo verso i centri intermedi, l’immigrazione di ritorno nel Mezzogiorno, che ritrova i suoi giovani pronti a lavorare da remoto, da casa, per le aziende del Nord. Si riduce l’offerta di servizi, a cominciare dalla ristorazione, una contrazione dell’indotto dei grandi uffici, si riduce la mobilità urbana cui consegue una necessaria rimodulazione dell’offerta del trasporto pubblico: nelle metropoli europee, alcune aziende stanno ridisegnando i piani tariffari. Lo smart working diventa così il pilastro di una trasformazione che va al di là del mondo del lavoro e ci sfida a ripensare il nostro modo di vivere. Che era quello che promettevamo di voler fare, una volta superata la drammatica esperienza della pandemia.
2021
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11311/1164723
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