Le ipotesi che il saggio coltiva immaginano un carcere che prenda congedo dall’introversione e dall’isolamento, connotati che non solo favoriscono l’esclusione degli istituti di pena dalla città, ma anche dalla coscienza collettiva, essendo parte di un processo di rimozione che porta il carcere ad occupare un posto nell’immaginario collettivo definito esclusivamente a partire da uno stigma. Sia il trattamento rieducativo dei detenuti, sia l’applicazione delle misure alternative possono inoltre trovare giovamento da una relazione più intensa e fertile con i contesti in cui le carceri sono collocate. A questo scopo un nuovo progetto dello spazio pericarcerario può consentire l’accostamento alle carceri di altre pratiche urbane, favorendone l’inclusione nel paesaggio frequentato quotidianamente da parte degli abitanti. Occorre evitare, parallelamente, l’allontanamento del carcere dalla città o consentire che questa lo raggiunga, integrandolo con relazioni spaziali e pratiche sociali che possano contribuire a renderlo parte attiva dei contesti in cui è insediato, considerando le città non solo un supporto funzionale, ma un insostituibile elemento costitutivo delle modalità più avanzate di concezione della pena. Il saggio, dopo aver ricostruito il processo di allontanamento del carcere dalle città europee e facendo riferimento alla banalità delle logiche localizzative di questo spazio atopico, descrive le caratteristiche odierne del rapporto con la città delle carceri milanesi come "sospensione dei caratteri di urbanità" nello spazio pericercerario proponendo scenari di densificazione e di integrazione tra le pratiche del trattamento e la città.

Per restituire il carcere alla città

infussi
2020-01-01

Abstract

Le ipotesi che il saggio coltiva immaginano un carcere che prenda congedo dall’introversione e dall’isolamento, connotati che non solo favoriscono l’esclusione degli istituti di pena dalla città, ma anche dalla coscienza collettiva, essendo parte di un processo di rimozione che porta il carcere ad occupare un posto nell’immaginario collettivo definito esclusivamente a partire da uno stigma. Sia il trattamento rieducativo dei detenuti, sia l’applicazione delle misure alternative possono inoltre trovare giovamento da una relazione più intensa e fertile con i contesti in cui le carceri sono collocate. A questo scopo un nuovo progetto dello spazio pericarcerario può consentire l’accostamento alle carceri di altre pratiche urbane, favorendone l’inclusione nel paesaggio frequentato quotidianamente da parte degli abitanti. Occorre evitare, parallelamente, l’allontanamento del carcere dalla città o consentire che questa lo raggiunga, integrandolo con relazioni spaziali e pratiche sociali che possano contribuire a renderlo parte attiva dei contesti in cui è insediato, considerando le città non solo un supporto funzionale, ma un insostituibile elemento costitutivo delle modalità più avanzate di concezione della pena. Il saggio, dopo aver ricostruito il processo di allontanamento del carcere dalle città europee e facendo riferimento alla banalità delle logiche localizzative di questo spazio atopico, descrive le caratteristiche odierne del rapporto con la città delle carceri milanesi come "sospensione dei caratteri di urbanità" nello spazio pericercerario proponendo scenari di densificazione e di integrazione tra le pratiche del trattamento e la città.
2020
Lo spazio di relazione nel carcere
9788862424912
carcere, relazioni urbane, periferizzazione,
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