«Tommaso Brighenti cerca di dissipare le nebbie che avvolgono cinque diverse esperienze pedagogiche, ormai lontane nel tempo, mettendone a fuoco le intenzioni, i mezzi, i risultati. Lo scopo è quello di mettere ordine nei fatti, non per trovare una ricetta giusta e nemmeno per far rivivere una tradizione, ma per conoscere. Dato comune a questi cinque progetti culturali è che essi non sono meccanicamente relazionati alle linee generali dello sviluppo scientifico, tecnico ed economico del loro tempo e nemmeno si basano su un’istanza “razionalista”, nel significato limitante che il termine ha avuto nell’architettura del XX secolo. È invece evidente che è dalla dialettica delle diverse posizioni, persino dalla eterogeneità delle idee che si incontrano insieme in un luogo, che nasce la specialità di una “Scuola”. […] Sappiamo tutti che ci sono delle forme di conoscenza, come la medicina e la chirurgia ad esempio, molto importanti per la vita stessa dell’uomo, che non sono “scienze” in senso stretto e l’architettura è una di queste. Forse per questo aleggia, sul lavoro di Brighenti, un alito, insolito nel nostro tempo, di idealità, forse persino il fantasma della visionarietà suprematista di Malevich […] e il pensiero di László Moholy-Nagy […]: «Una delle funzioni dell’artista nella società è quella di mettere strato su strato, pietra su pietra, nell’organizzazione delle emozioni; di registrare i sentimenti con i suoi strumenti particolari e strutturare, raffinare e dirigere la vita interiore dei suoi contemporanei». dalla prefazione di Luciano Semerani
Pedagogie architettoniche. Scuole, didattica, progetto
T. Brighenti
2018-01-01
Abstract
«Tommaso Brighenti cerca di dissipare le nebbie che avvolgono cinque diverse esperienze pedagogiche, ormai lontane nel tempo, mettendone a fuoco le intenzioni, i mezzi, i risultati. Lo scopo è quello di mettere ordine nei fatti, non per trovare una ricetta giusta e nemmeno per far rivivere una tradizione, ma per conoscere. Dato comune a questi cinque progetti culturali è che essi non sono meccanicamente relazionati alle linee generali dello sviluppo scientifico, tecnico ed economico del loro tempo e nemmeno si basano su un’istanza “razionalista”, nel significato limitante che il termine ha avuto nell’architettura del XX secolo. È invece evidente che è dalla dialettica delle diverse posizioni, persino dalla eterogeneità delle idee che si incontrano insieme in un luogo, che nasce la specialità di una “Scuola”. […] Sappiamo tutti che ci sono delle forme di conoscenza, come la medicina e la chirurgia ad esempio, molto importanti per la vita stessa dell’uomo, che non sono “scienze” in senso stretto e l’architettura è una di queste. Forse per questo aleggia, sul lavoro di Brighenti, un alito, insolito nel nostro tempo, di idealità, forse persino il fantasma della visionarietà suprematista di Malevich […] e il pensiero di László Moholy-Nagy […]: «Una delle funzioni dell’artista nella società è quella di mettere strato su strato, pietra su pietra, nell’organizzazione delle emozioni; di registrare i sentimenti con i suoi strumenti particolari e strutturare, raffinare e dirigere la vita interiore dei suoi contemporanei». dalla prefazione di Luciano SemeraniFile | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Pedagogie architettoniche. Scuole, didattica, progetto.pdf
Accesso riservato
Descrizione: Monografia
:
Publisher’s version
Dimensione
10.05 MB
Formato
Adobe PDF
|
10.05 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.