Alperia Tower. Tecnologie dell'involucro e interazione percettiva delle membrane

L’articolo esamina l’elaborazione progettuale della Alperia Tower a Bolzano, progettata da Valentina Bonato, Dario Cagol e Helmuth Niedermayr, focalizzata sul progetto del rivestimento esterno che coniuga gli aspetti relativi all’evoluzione morfo-tipologica, nello scenario culturale e compositivo contemporaneo, e relativi all’innesto di un landmark ambientale per mezzo dell’avveniristico “abito” in alluminio retroilluminato. La corporeità e la materialità dell’involucro sono esaminate e assunte nella “perdita” della loro consistenza, proposte in modo diafano e quali strumenti di “disvelamento”, di rivelazione della permeabilità, sia funzionale sia percettiva. L’avvolgimento si concreta mediante “densità” differenziate o calibrate, rese possibili dalle varie intensità e “porosità” della perforazione fisica delle lastre: esse si prestano alla misura modulare o non convenzionale, all’interruzione irregolare che genera un pattern in grado di estenuare e di dissolvere la materia, affermando la rottura del rapporto “interno-esterno” e la volontà di provocare percezioni mediate e combinate dal senso di attraversamento. La composizione progettuale sia espressiva sia esecutiva comprende l’applicazione della “pelle” esterna attraverso la struttura portante indipendente, in accordo allo sviluppo planimetrico secondo l’andamento geometrico definito come “uovo di Keplero” e in accordo allo sviluppo in alzato caratterizzato dal taglio sulla sommità, che permette la maggiore percezione plastica della torre. Inoltre, le tecnologie dell’involucro osservano, nel caso in esame, i criteri espressivi ed esecutivi propri delle architetture dell’“interstizio”, tese sia alla rottura dell’opposizione tra fisico e immateriale, sia all’interazione “metamorfica” con lo spazio.