Moda e Comunicazione visiva – in tutte le loro forme, dall’arte, all’illustrazione, alla pubblicità – sono di solito associate in un rapporto strumentale (il disegno per rappresentare un’idea o un progetto), promozionale o di ispirazione del processo creativo. In realtà spesso il confine tra i due ambiti si dirada per dar vita a progetti di abiti e di accessori in cui non sempre è facile definire dove finisca la Comunicazione visiva e dove inizi la moda. Si passa così dal “silenzio” del punto – come lo definiva Kandinskij – al movimento della linea, fino ad arrivare alle forme variabili della superficie, che diventano veri e propri elementi generativi di forme tridimensionali che si concretizzano, di volta in volta, in abiti, scarpe, borse, occhiali e accessori. Una concatenazione di elementi e processi che negli anni è stata capace di dar vita alle più iconiche collezioni di moda che molto devono alla storia della percezione visiva, dell’arte, dell’illustrazione, del fumetto e della grafica in generale, e che allo stesso tempo ne hanno profanato il rigore, le regole e il “buon uso”. Il contributo intende narrare il rapporto tra il progetto di moda e progetto grafico, costruito, soprattutto negli ultimi anni, sull’errore, la mancanza di regole e la profanazione vera e propria dell’ordine stabilito, dalla "non immagine coordinata" di Martin Margiela al KAOS di Moschino, passando per la sperimentazione di Walter Van Beirendonck e Vivienne Westwood, e all’uso camp della tipografia da parte di Virgil Abloh. Un rapporto – tra progetto di moda e comunicazione visiva –, nel quale la grafica e le sue componenti (linea, punto, superficie, forma e colore) non solo sono strumenti per la rappresentazione o di abbellimento, ma elementi generativi del processo creativo che attraversano la storia della comunicazione visiva (dal Bauhaus a Sagmeister) e la storia della moda (da Elsa Schiaparelli a Miuccia Prada).

KAOS(!) Il (non) linguaggio grafico da Moschino a Viktor&Rolf, passando per Martin Margiela e Vivienne Westwood.

vittorio linfante
2020-01-01

Abstract

Moda e Comunicazione visiva – in tutte le loro forme, dall’arte, all’illustrazione, alla pubblicità – sono di solito associate in un rapporto strumentale (il disegno per rappresentare un’idea o un progetto), promozionale o di ispirazione del processo creativo. In realtà spesso il confine tra i due ambiti si dirada per dar vita a progetti di abiti e di accessori in cui non sempre è facile definire dove finisca la Comunicazione visiva e dove inizi la moda. Si passa così dal “silenzio” del punto – come lo definiva Kandinskij – al movimento della linea, fino ad arrivare alle forme variabili della superficie, che diventano veri e propri elementi generativi di forme tridimensionali che si concretizzano, di volta in volta, in abiti, scarpe, borse, occhiali e accessori. Una concatenazione di elementi e processi che negli anni è stata capace di dar vita alle più iconiche collezioni di moda che molto devono alla storia della percezione visiva, dell’arte, dell’illustrazione, del fumetto e della grafica in generale, e che allo stesso tempo ne hanno profanato il rigore, le regole e il “buon uso”. Il contributo intende narrare il rapporto tra il progetto di moda e progetto grafico, costruito, soprattutto negli ultimi anni, sull’errore, la mancanza di regole e la profanazione vera e propria dell’ordine stabilito, dalla "non immagine coordinata" di Martin Margiela al KAOS di Moschino, passando per la sperimentazione di Walter Van Beirendonck e Vivienne Westwood, e all’uso camp della tipografia da parte di Virgil Abloh. Un rapporto – tra progetto di moda e comunicazione visiva –, nel quale la grafica e le sue componenti (linea, punto, superficie, forma e colore) non solo sono strumenti per la rappresentazione o di abbellimento, ma elementi generativi del processo creativo che attraversano la storia della comunicazione visiva (dal Bauhaus a Sagmeister) e la storia della moda (da Elsa Schiaparelli a Miuccia Prada).
2020
Fashion Design - Communication Design - Branding - Art - Social Sciences
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