La storia della chiesa di S. Giulio di Vizzola Ticino è comunemente ridotta ad un elenco di poche date: un ordinamento conciso e lineare, se non fosse per le ambiguità e le discordanze che lo accompagnano. Sul caso manca uno studio monografico approfondito e così esse sono tratte, spesso acriticamente, da pochi testi, non sempre verificati o verificabili. Più affidabili le notizie sull’intero abitato. L’insediamento si colloca in una posizione strategica, storicamente affermatasi in quanto tale. Con la vicina Castelnovate è adagiato sul crinale che scende al Ticino, in un punto evidentemente ideale per il controllo dei punti di accesso al fiume, nonchè lungo percorsi di comunicazioni consolidati, cioè antichi. Già Francesco Luoni, il parroco che, nel 1906, dedicò al borgo il piccolo ma indicativo opuscolo da cui molti hanno attinto, sottolineava la ricchezza archeologica del territorio, anche se lui stesso richiamava ipotesi d’altri, ereditandone le ambiguità. Definiva infatti etruschi taluni ritrovamenti, travisando affermazioni di Francesco Campana, ora del tutto ridimensionate dagli studiosi; accoglieva le errate interpretazioni di Giovanni Battista Giani, oggi del tutto respinte dagli archeologi e riconduceva genericamente all’epoca romana i molti ritrovamenti che, a parte per qualche lapide effettivamente vista e trascritta, sapeva di citare più che altro per sentito dire; come la tuttora mitica città di Binda e la vasta necropoli che allora si ipotizzava nel “quadro della strada di Ferno”, sebbene per quest’ultima si debba ammettere che gli scavi abbiano dato una parte di ragione alle suggestioni antiquarie del passato. Lo scritto del sacerdote, frutto di una ricognizione dell’archivio parrocchiale rivelatrice di una consistenza oggi molto ridotta, ha istruito i pochi altri che lo hanno seguito, senza tuttavia che i loro autori ne abbiano ripercorso i passi con effettivi aggiornamenti, ma anche senza sottolinearne la testimonianza quale spettatore di un momento in cui, per potenzialità industriali, Vizzola si poteva paragonare a Manchester; a suo dire e alludendo alla nota centrale idroelettrica. Poco frequentato dagli scrittori, anche perché inedito è, invece, il dattiloscritto di un altro sacerdote, Gaetano Conti, pure parroco di Vizzola, ma dal 1930 al 1940. Si tratta di un corposo e ordinato regesto, i cui capitoli rispecchiano la sequenza dei prevosti avvicendatisi nella cura di Vizzola dal 1609 al 1940. Dalla fondazione della parrocchia ai giorni del compilatore si esprime cioè nella più diligente tradizione del Chronicon o Temporum Liber. Poche, se non nulle infatti le fonti archivistiche edite, comprese quelle cui già indirizzavano i due sacerdoti. Più fortunate le raccolte iconografiche. La Pro Loco ha raccolto e pubblicato anche materiali di natura privata (immagini di famiglia) che rievocano i luoghi ma anche le persone che li hanno animati. Diversa la raccolta allegata al Piano di Governo del Territorio, limitata a riprodurre l’apparato iconografico del noto volume di Federico Caproni. Lo scritto dell’imprenditore, prodotto per divulgarne in ambito specialistico il lavoro di bonifica e poi riproposto in veste più sontuosa e iconograficamente arricchita, suo malgrado ha favorito la rilettura di un episodio soltanto delle vicende del ‘borgo’ di Vizzola.
Nuclei antichi: Vizzola Ticino, il castello dei Crivelli e le due chiese di S. Giulio
Grisoni
2020-01-01
Abstract
La storia della chiesa di S. Giulio di Vizzola Ticino è comunemente ridotta ad un elenco di poche date: un ordinamento conciso e lineare, se non fosse per le ambiguità e le discordanze che lo accompagnano. Sul caso manca uno studio monografico approfondito e così esse sono tratte, spesso acriticamente, da pochi testi, non sempre verificati o verificabili. Più affidabili le notizie sull’intero abitato. L’insediamento si colloca in una posizione strategica, storicamente affermatasi in quanto tale. Con la vicina Castelnovate è adagiato sul crinale che scende al Ticino, in un punto evidentemente ideale per il controllo dei punti di accesso al fiume, nonchè lungo percorsi di comunicazioni consolidati, cioè antichi. Già Francesco Luoni, il parroco che, nel 1906, dedicò al borgo il piccolo ma indicativo opuscolo da cui molti hanno attinto, sottolineava la ricchezza archeologica del territorio, anche se lui stesso richiamava ipotesi d’altri, ereditandone le ambiguità. Definiva infatti etruschi taluni ritrovamenti, travisando affermazioni di Francesco Campana, ora del tutto ridimensionate dagli studiosi; accoglieva le errate interpretazioni di Giovanni Battista Giani, oggi del tutto respinte dagli archeologi e riconduceva genericamente all’epoca romana i molti ritrovamenti che, a parte per qualche lapide effettivamente vista e trascritta, sapeva di citare più che altro per sentito dire; come la tuttora mitica città di Binda e la vasta necropoli che allora si ipotizzava nel “quadro della strada di Ferno”, sebbene per quest’ultima si debba ammettere che gli scavi abbiano dato una parte di ragione alle suggestioni antiquarie del passato. Lo scritto del sacerdote, frutto di una ricognizione dell’archivio parrocchiale rivelatrice di una consistenza oggi molto ridotta, ha istruito i pochi altri che lo hanno seguito, senza tuttavia che i loro autori ne abbiano ripercorso i passi con effettivi aggiornamenti, ma anche senza sottolinearne la testimonianza quale spettatore di un momento in cui, per potenzialità industriali, Vizzola si poteva paragonare a Manchester; a suo dire e alludendo alla nota centrale idroelettrica. Poco frequentato dagli scrittori, anche perché inedito è, invece, il dattiloscritto di un altro sacerdote, Gaetano Conti, pure parroco di Vizzola, ma dal 1930 al 1940. Si tratta di un corposo e ordinato regesto, i cui capitoli rispecchiano la sequenza dei prevosti avvicendatisi nella cura di Vizzola dal 1609 al 1940. Dalla fondazione della parrocchia ai giorni del compilatore si esprime cioè nella più diligente tradizione del Chronicon o Temporum Liber. Poche, se non nulle infatti le fonti archivistiche edite, comprese quelle cui già indirizzavano i due sacerdoti. Più fortunate le raccolte iconografiche. La Pro Loco ha raccolto e pubblicato anche materiali di natura privata (immagini di famiglia) che rievocano i luoghi ma anche le persone che li hanno animati. Diversa la raccolta allegata al Piano di Governo del Territorio, limitata a riprodurre l’apparato iconografico del noto volume di Federico Caproni. Lo scritto dell’imprenditore, prodotto per divulgarne in ambito specialistico il lavoro di bonifica e poi riproposto in veste più sontuosa e iconograficamente arricchita, suo malgrado ha favorito la rilettura di un episodio soltanto delle vicende del ‘borgo’ di Vizzola.File | Dimensione | Formato | |
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