Consuetudini abitative e cultura nella Milano degli ultimi decenni del Settecento si riflettono in un laboratorio singolare, ma non unico, quello allestito da Alberico XII Barbiano di Belgiojoso nella trasformazione delle proprie residenze in città e campagna. Con la regia di questo colto committente, primo presidente dell'Accademia di Brera, architetti, pittori e artefici si prestano a dare forma nelle sue dimore ad un aggiornamento del gusto documentato dalla qualità complessiva degli spazi dell'abitare. La rappresentazione della magnificenza del casato, in una scena dominata dalla cultura del principe e persino dalla sua cifra personale e identitaria, si proietta in una narrazione intima e nel contempo pubblica, costruita ricorrendo a molteplici linguaggi. Questi sono tracciabili, nell'orientamento e nelle fonti composite a cui ricorrono, anche attraverso la raccolta libraria e l'inventario delle collezioni qui trascritto in appendice. A un progetto di comunicazione di cosí ampio respiro partecipano tra gli architetti Giuseppe Piermarini, Leopoldo e Giuseppe Pollack, Simone Cantoni insieme a meno noti comprimari di talento. Tutti convergono, collimano e misurano in concreto le personali traiettorie di affermazione professionale, rendendosi disponibili a partecipare ad un premeditato gioco delle parti. Trova cosí inedito rilievo un contesto di scambi osmotici dove i ruoli appaiono talvolta intercambiabili e le attribuzioni di autorialità del tutto secondarie alla piena comprensione di architetture che la storiografia ha accreditato tra le più significative nella Lombardia asburgica.

Abitare da principe. Le residenze e le collezioni di Alberico XII Barbiano di Belgiojoso

Marica Forni
2020-01-01

Abstract

Consuetudini abitative e cultura nella Milano degli ultimi decenni del Settecento si riflettono in un laboratorio singolare, ma non unico, quello allestito da Alberico XII Barbiano di Belgiojoso nella trasformazione delle proprie residenze in città e campagna. Con la regia di questo colto committente, primo presidente dell'Accademia di Brera, architetti, pittori e artefici si prestano a dare forma nelle sue dimore ad un aggiornamento del gusto documentato dalla qualità complessiva degli spazi dell'abitare. La rappresentazione della magnificenza del casato, in una scena dominata dalla cultura del principe e persino dalla sua cifra personale e identitaria, si proietta in una narrazione intima e nel contempo pubblica, costruita ricorrendo a molteplici linguaggi. Questi sono tracciabili, nell'orientamento e nelle fonti composite a cui ricorrono, anche attraverso la raccolta libraria e l'inventario delle collezioni qui trascritto in appendice. A un progetto di comunicazione di cosí ampio respiro partecipano tra gli architetti Giuseppe Piermarini, Leopoldo e Giuseppe Pollack, Simone Cantoni insieme a meno noti comprimari di talento. Tutti convergono, collimano e misurano in concreto le personali traiettorie di affermazione professionale, rendendosi disponibili a partecipare ad un premeditato gioco delle parti. Trova cosí inedito rilievo un contesto di scambi osmotici dove i ruoli appaiono talvolta intercambiabili e le attribuzioni di autorialità del tutto secondarie alla piena comprensione di architetture che la storiografia ha accreditato tra le più significative nella Lombardia asburgica.
2020
Gangemi Editore
978-88-492-3925-6
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