Vivere «senza cucina» è un’utopia coltivata nei paesi occidentali industriali a cavallo fra la fine dell’Ottocento e il primo trentennio del Novecento. Suscitata dal dibattito sulla “schiavitù domestica” della donna, il cui ruolo sociale – gestione delle faccende, accudimento della prole, organizzazione del menage familiare – è per secoli connesso alla casa, è una visione utopica che ha echi progettuali nell'America delle suffragette, nell'Europa delle Neuen Frauen, nell'Unione sovietica delle compagne. In un periodo storico complesso dal punto di vista politico, economico, sociale e culturale, la “liberazione femminile” sembra potersi avverare attraverso la realizzazione professionale delle donne, riconoscendo cioè loro un posto nel mondo grazie alla retribuzione del lavoro, «fuori» dall'ambiente domestico, al contrario di quello gratuito e “dovuto” fra le pareti di casa. Per far ciò alcuni ideologi e progettisti immaginano la drastica eliminazione della cucina, simbolo imperituro del focolare domestico, assurto a inviolabile cella della donna. Nelle ipotesi dei promotori si tratta di un cambiamento epocale: dal mondo intellettuale e borghese a quello operaio, vivere “senza cucina” sembra una soluzione, eversiva quanto appropriata, all'emancipazione femminile.
"Senza cucina": Donne, idee e progetti per tre utopie
I. Forino
2019-01-01
Abstract
Vivere «senza cucina» è un’utopia coltivata nei paesi occidentali industriali a cavallo fra la fine dell’Ottocento e il primo trentennio del Novecento. Suscitata dal dibattito sulla “schiavitù domestica” della donna, il cui ruolo sociale – gestione delle faccende, accudimento della prole, organizzazione del menage familiare – è per secoli connesso alla casa, è una visione utopica che ha echi progettuali nell'America delle suffragette, nell'Europa delle Neuen Frauen, nell'Unione sovietica delle compagne. In un periodo storico complesso dal punto di vista politico, economico, sociale e culturale, la “liberazione femminile” sembra potersi avverare attraverso la realizzazione professionale delle donne, riconoscendo cioè loro un posto nel mondo grazie alla retribuzione del lavoro, «fuori» dall'ambiente domestico, al contrario di quello gratuito e “dovuto” fra le pareti di casa. Per far ciò alcuni ideologi e progettisti immaginano la drastica eliminazione della cucina, simbolo imperituro del focolare domestico, assurto a inviolabile cella della donna. Nelle ipotesi dei promotori si tratta di un cambiamento epocale: dal mondo intellettuale e borghese a quello operaio, vivere “senza cucina” sembra una soluzione, eversiva quanto appropriata, all'emancipazione femminile.File | Dimensione | Formato | |
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