Il saggio presenta un’analisi dei manoscritti inediti del cesenate Matteo Zaccolini (1574 – 1630) Dè Colori e Prospettiva del colore che descrivono in chiave originale sia i fondamenti della storia naturale dei colori (nella tradizione della prospettiva aerea di Leonardo) che la pratica dei pittori architetti che utilizzavano schemi proporzionali di riduzione cromatica. In particolare tale studio mette in evidenzia i metodi e le applicazioni relative alla sintonia spaziale fra prospettiva e colore negli interni illusori seicenteschi mettendo in collegamento le regole pratiche di Zaccolini ed alcune successive ambientazioni prospettiche a cui egli stesso poté partecipare (a Roma, San’Andrea della Valle, San Silvestro al Quirinale, Santa Susanna). In quegli anni coloro che avessero potuto avere accesso a quegli ambienti ne sarebbero stati ingannati dalla meravigliosa invenzione della quadratura architettonica, connubio scientifico e artistico sul quale si sviluppava la multiforme esperienza dei fenomeni. Un forte sentimento religioso guidava la mano di coloro che procuravano l’inganno agli occhi, progetto raffinato e ammiccante che forzava il pensiero a svelare la debolezza della percezione umana. La prospettiva più di ogni altra tecnica rappresentativa riesce a conferire alla scena rappresentata un carattere “reale” – materiale e pittorico –, grazie al magistrale utilizzo che i suoi esecutori facevano della luce e del chiaroscuro all’interno della composizione. Gli studiosi concordavano sul fatto che il colore dovesse assumere un significato in relazione alla storia rappresentata nella scena e che la tecnica dovesse seguire una regola matematica per comporre non solo lo spazio prospettico ma anche quello cromatico; nella pratica si rifacevano alla pittura a fresco, l’unica tecnica in grado di “vibrare” all’incidenza della luce, poiché utilizzava le stesse componenti di cui il muro era costituito, talvolta integrata dall’uso di tempere e dei materiali tipici del cantiere architettonico. I manoscritti, di cui l’unica copia si trova presso la Biblioteca Laurenziana di Firenze, spiegano come il significato dei colori, la loro posizione nelle scale aristoteliche adoperate dagli artisti agisce secondo una perfetta armonia ed un preciso ruolo formale. Il termine artistico applicato al ruolo formale di ogni colore –sia esso avanzante o recedente, forte o attenuato, ricco o debole –aveva significato di valore cromatico (valeur). I concetti illustrati dallo Zaccolini, come le proprietà ottiche della degradazione cromatica (diminuzione della tinta, riduzione dei contrasti tonali e perdita di chiarezza delle forme), hanno influenzato il modo di dipingere in prospettiva di Domenichino, Giovanni e Cherubino Alberti a Roma ma anche gli scritti e le opere successive di Andrea Pozzo (Breve instruzione per dipingere a fresco) e più tardi di Ferdinando Galli Bibiena (Brieve trattato della pittura in generale nella Parte Quarta de L'Architettura Civile) e della sua Scuola di scenografia. Lo studio di scritti e opere consente di analizzare approfonditamente il significato del termine “prospettiva” nel Seicento che sicuramente includeva i valori formali, estetici e tecnici alla base della prospettiva del colore e che indirizzava i suoi artefici alla pratica dello scorcio prospettico e della diminuzione cromatica attraverso colore e chiaroscuro, un’armonica sintonia che solo in quell’epoca la cultura tecnico-artistica fu in grado di conseguire.

Matteo Zaccolini e la sintonia spaziale fra prospettiva e colore negli interni illusori del Seicento

G. Amoruso;
2015-01-01

Abstract

Il saggio presenta un’analisi dei manoscritti inediti del cesenate Matteo Zaccolini (1574 – 1630) Dè Colori e Prospettiva del colore che descrivono in chiave originale sia i fondamenti della storia naturale dei colori (nella tradizione della prospettiva aerea di Leonardo) che la pratica dei pittori architetti che utilizzavano schemi proporzionali di riduzione cromatica. In particolare tale studio mette in evidenzia i metodi e le applicazioni relative alla sintonia spaziale fra prospettiva e colore negli interni illusori seicenteschi mettendo in collegamento le regole pratiche di Zaccolini ed alcune successive ambientazioni prospettiche a cui egli stesso poté partecipare (a Roma, San’Andrea della Valle, San Silvestro al Quirinale, Santa Susanna). In quegli anni coloro che avessero potuto avere accesso a quegli ambienti ne sarebbero stati ingannati dalla meravigliosa invenzione della quadratura architettonica, connubio scientifico e artistico sul quale si sviluppava la multiforme esperienza dei fenomeni. Un forte sentimento religioso guidava la mano di coloro che procuravano l’inganno agli occhi, progetto raffinato e ammiccante che forzava il pensiero a svelare la debolezza della percezione umana. La prospettiva più di ogni altra tecnica rappresentativa riesce a conferire alla scena rappresentata un carattere “reale” – materiale e pittorico –, grazie al magistrale utilizzo che i suoi esecutori facevano della luce e del chiaroscuro all’interno della composizione. Gli studiosi concordavano sul fatto che il colore dovesse assumere un significato in relazione alla storia rappresentata nella scena e che la tecnica dovesse seguire una regola matematica per comporre non solo lo spazio prospettico ma anche quello cromatico; nella pratica si rifacevano alla pittura a fresco, l’unica tecnica in grado di “vibrare” all’incidenza della luce, poiché utilizzava le stesse componenti di cui il muro era costituito, talvolta integrata dall’uso di tempere e dei materiali tipici del cantiere architettonico. I manoscritti, di cui l’unica copia si trova presso la Biblioteca Laurenziana di Firenze, spiegano come il significato dei colori, la loro posizione nelle scale aristoteliche adoperate dagli artisti agisce secondo una perfetta armonia ed un preciso ruolo formale. Il termine artistico applicato al ruolo formale di ogni colore –sia esso avanzante o recedente, forte o attenuato, ricco o debole –aveva significato di valore cromatico (valeur). I concetti illustrati dallo Zaccolini, come le proprietà ottiche della degradazione cromatica (diminuzione della tinta, riduzione dei contrasti tonali e perdita di chiarezza delle forme), hanno influenzato il modo di dipingere in prospettiva di Domenichino, Giovanni e Cherubino Alberti a Roma ma anche gli scritti e le opere successive di Andrea Pozzo (Breve instruzione per dipingere a fresco) e più tardi di Ferdinando Galli Bibiena (Brieve trattato della pittura in generale nella Parte Quarta de L'Architettura Civile) e della sua Scuola di scenografia. Lo studio di scritti e opere consente di analizzare approfonditamente il significato del termine “prospettiva” nel Seicento che sicuramente includeva i valori formali, estetici e tecnici alla base della prospettiva del colore e che indirizzava i suoi artefici alla pratica dello scorcio prospettico e della diminuzione cromatica attraverso colore e chiaroscuro, un’armonica sintonia che solo in quell’epoca la cultura tecnico-artistica fu in grado di conseguire.
2015
Colore e colorimetria. Contributi multidisciplinari
9788899513009
Prospettiva architettonica, Diminuzione cromatica, Colore negli interni, Architettura illusoria, Quadratura
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