Il testo riprende precedenti studi sull’architettura e le infrastrutture per la mobilità. Analizza in particolare l’autostrada come matrice del paesaggio urbanizzato. Nel dialogo tra il nuovo progetto e l’infrastruttura si individuano alcuni approcci significativi. Dapprima sondando il campo dell’architettura. La capacità di rintracciare nell’autostrada la matrice morfogenetica dell’edificio, come nel “muro” di Byker (1970-78), o nel complesso per uffici ad Hammersmith (1992) di Ralph Erskine. L’affermazione del ruolo simbolico di “porta” del grattacielo per la Fiera di Francoforte (1983-84) di Oswald Mathias Ungers. La prevalenza del confronto con il contesto nel Greater Columbus Convention Center (1992) di Peter Eisenman. La lezione di Kevin Lynch su “ciò che si vede dalla strada”, magistralmente interpretata dagli studi per le aree di servizio AGIP (1968) di Costantino Dardi e in chiave più commerciale, dagli Autogrill Pavesi e dalle fabbriche Prinz Bräu. Il design dispone di una strategia propria, ma altrettanto efficace per confrontarsi con il paesaggio infrastrutturale, in particolare attraverso la sottile pellicola cromatica e comunicativa della grafica ambientale. Come nell’impianto FTM delle acciaierie Dalmine (1976-78) di Costantino Corsini e Giorgio Wiskeman; nel complesso Barilla a Parma (1980) di Bob Noorda o nella delicata graduazione cromatica di Jorrit Tornquist per il termovalorizzatore di Brescia (1999). In tali proposte il design sostituisce alla impegnativa costruzione di un volume, e della relativa facciata, il più fragile disegno di una “copertina”, dimostrandosi uno strumento agile, economico ed adattabile alla riqualificazione di una pluralità di territori apparentemente condannati all’atopia.
Sull’autostrada tra architettura e prodotto industriale
Guerrini, Luca
2006-01-01
Abstract
Il testo riprende precedenti studi sull’architettura e le infrastrutture per la mobilità. Analizza in particolare l’autostrada come matrice del paesaggio urbanizzato. Nel dialogo tra il nuovo progetto e l’infrastruttura si individuano alcuni approcci significativi. Dapprima sondando il campo dell’architettura. La capacità di rintracciare nell’autostrada la matrice morfogenetica dell’edificio, come nel “muro” di Byker (1970-78), o nel complesso per uffici ad Hammersmith (1992) di Ralph Erskine. L’affermazione del ruolo simbolico di “porta” del grattacielo per la Fiera di Francoforte (1983-84) di Oswald Mathias Ungers. La prevalenza del confronto con il contesto nel Greater Columbus Convention Center (1992) di Peter Eisenman. La lezione di Kevin Lynch su “ciò che si vede dalla strada”, magistralmente interpretata dagli studi per le aree di servizio AGIP (1968) di Costantino Dardi e in chiave più commerciale, dagli Autogrill Pavesi e dalle fabbriche Prinz Bräu. Il design dispone di una strategia propria, ma altrettanto efficace per confrontarsi con il paesaggio infrastrutturale, in particolare attraverso la sottile pellicola cromatica e comunicativa della grafica ambientale. Come nell’impianto FTM delle acciaierie Dalmine (1976-78) di Costantino Corsini e Giorgio Wiskeman; nel complesso Barilla a Parma (1980) di Bob Noorda o nella delicata graduazione cromatica di Jorrit Tornquist per il termovalorizzatore di Brescia (1999). In tali proposte il design sostituisce alla impegnativa costruzione di un volume, e della relativa facciata, il più fragile disegno di una “copertina”, dimostrandosi uno strumento agile, economico ed adattabile alla riqualificazione di una pluralità di territori apparentemente condannati all’atopia.File | Dimensione | Formato | |
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