‘Città generica’ è stata soprattutto un’iperbole con cui fissare in un’espressione – in una aforistica definizione – la presa d’atto di una condizione nuova dell’urbano, e la constatazione della sua diversità e distanza da quanto l’ha preceduta. Parla di aspetti della città contemporanea, «vista come realtà organizzativa radicalmente diversa da quella moderna». La sua comprensione richiede di farvi i conti per come essa è, «rifiutando di abbassare lo sguardo» di fronte alle forme peculiari del suo manifestarsi, e dismettendo l’idea che essa sia l’esito di un mero processo degenerativo di uno stato pregresso. Al tempo stesso quella medesima locuzione è diventata talora l’affermazione di un’estetica e di una poetica esplicite; talvolta, anche, è divenuta semplicemente retorica e luogo comune. Qualcosa di simile si può forse dire per l’urbanistica, in questa fase di cambiamento, profondo, dei suoi modi e delle sue forme. In che senso parlare, allora, dell’affermarsi di una urbanistica ‘generica’? Anche in questo caso si tratta di constatare uno scarto. Si tratta di riconoscere l’insorgenza e l’originalità di un mutato scenario, e di considerare il suo carattere inedito e sfidante, senza nostalgie e tensioni al passato. Non un tradimento, o un ‘tracollo’ bensì l’«emergere di nuove ineludibili responsabilità». Ma si tratta anche di discutere le nuove ‘poetiche’ dell’urbanistica – i modi nuovi del suo farsi, e le ragioni – e, talora, i suoi riduzionismi e le retoriche.

Specificità dell'urbanistica 'generica'

Bertrando Bonfantini
2020-01-01

Abstract

‘Città generica’ è stata soprattutto un’iperbole con cui fissare in un’espressione – in una aforistica definizione – la presa d’atto di una condizione nuova dell’urbano, e la constatazione della sua diversità e distanza da quanto l’ha preceduta. Parla di aspetti della città contemporanea, «vista come realtà organizzativa radicalmente diversa da quella moderna». La sua comprensione richiede di farvi i conti per come essa è, «rifiutando di abbassare lo sguardo» di fronte alle forme peculiari del suo manifestarsi, e dismettendo l’idea che essa sia l’esito di un mero processo degenerativo di uno stato pregresso. Al tempo stesso quella medesima locuzione è diventata talora l’affermazione di un’estetica e di una poetica esplicite; talvolta, anche, è divenuta semplicemente retorica e luogo comune. Qualcosa di simile si può forse dire per l’urbanistica, in questa fase di cambiamento, profondo, dei suoi modi e delle sue forme. In che senso parlare, allora, dell’affermarsi di una urbanistica ‘generica’? Anche in questo caso si tratta di constatare uno scarto. Si tratta di riconoscere l’insorgenza e l’originalità di un mutato scenario, e di considerare il suo carattere inedito e sfidante, senza nostalgie e tensioni al passato. Non un tradimento, o un ‘tracollo’ bensì l’«emergere di nuove ineludibili responsabilità». Ma si tratta anche di discutere le nuove ‘poetiche’ dell’urbanistica – i modi nuovi del suo farsi, e le ragioni – e, talora, i suoi riduzionismi e le retoriche.
2020
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