La pandemia innescata dalla diffusione massiva del nuovo coronavirus SARS-CoV-2 ha presto alterato le consuetudini e lo stile di vita di ciascun individuo in ogni parte del mondo (1). La forzata necessità di alimentare il ‘distanziamento sociale’, al fine di ridurre al minimo le occasioni di contagio e di trasmissione del virus, ha inevitabilmente sollevato l’esigenza di rimodulare anche le modalità di lavoro degli individui: molti professionisti privati e dipendenti pubblici sono stati esortati a lavorare in smart working (lavoro agile). Se, in molti casi, la dematerializzazione del luogo nell’ambito della prestazione di servizi può addirittura significare lo snellimento di alcune prassi burocratiche (come alcuni servizi di base della PA), oltre che un discreto time saving, per altre tipologie di lavoratori del terziario le misure di distanziamento sociale possono produrre effetti decisamente negativi. È certamente il caso della classe di lavoratori creativi e digitali, ad alta intensità di conoscenza e innovazione, molti dei quali sono utilizzatori abituali degli spazi di coworking (CS) in qualità di coworkers (CW). Il coworking è definito dalla letteratura ‘third place’, ovvero una alternativa al lavoro a domicilio (casa-first place) e al lavoro tradizionale in ufficio (second place), dove lavoratori autonomi, liberi professionisti, start-up innovative e imprese possono interagire riducendo così i rischi di isolamento e aumentando le occasioni di incontro e lo scambio di conoscenza ed esperienza, che favorisce relazioni fiduciarie e di amicizia e nuove opportunità di business (Pais, 2012). L’interazione dinamica e la prossimità fisica, sociale, cognitiva e organizzativa (a là Boschma, 2005) è l’essenza stessa dei CS, dove l’interscambio è vitale per il funzionamento di tali moderne communities di lavoratori (Akhavan, Mariotti, 2018; Mariotti, Akhavan, 2020). Inoltre, una parte significativa dei CS organizza eventi aperti alla comunità e/o al pubblico che contribuiscono, a volte in modo significativo, ai ricavi del gestore.
Coworking in emergenza Covid-19: quali effetti per le aree periferiche?
Mariotti I.;Di Matteo D.
2020-01-01
Abstract
La pandemia innescata dalla diffusione massiva del nuovo coronavirus SARS-CoV-2 ha presto alterato le consuetudini e lo stile di vita di ciascun individuo in ogni parte del mondo (1). La forzata necessità di alimentare il ‘distanziamento sociale’, al fine di ridurre al minimo le occasioni di contagio e di trasmissione del virus, ha inevitabilmente sollevato l’esigenza di rimodulare anche le modalità di lavoro degli individui: molti professionisti privati e dipendenti pubblici sono stati esortati a lavorare in smart working (lavoro agile). Se, in molti casi, la dematerializzazione del luogo nell’ambito della prestazione di servizi può addirittura significare lo snellimento di alcune prassi burocratiche (come alcuni servizi di base della PA), oltre che un discreto time saving, per altre tipologie di lavoratori del terziario le misure di distanziamento sociale possono produrre effetti decisamente negativi. È certamente il caso della classe di lavoratori creativi e digitali, ad alta intensità di conoscenza e innovazione, molti dei quali sono utilizzatori abituali degli spazi di coworking (CS) in qualità di coworkers (CW). Il coworking è definito dalla letteratura ‘third place’, ovvero una alternativa al lavoro a domicilio (casa-first place) e al lavoro tradizionale in ufficio (second place), dove lavoratori autonomi, liberi professionisti, start-up innovative e imprese possono interagire riducendo così i rischi di isolamento e aumentando le occasioni di incontro e lo scambio di conoscenza ed esperienza, che favorisce relazioni fiduciarie e di amicizia e nuove opportunità di business (Pais, 2012). L’interazione dinamica e la prossimità fisica, sociale, cognitiva e organizzativa (a là Boschma, 2005) è l’essenza stessa dei CS, dove l’interscambio è vitale per il funzionamento di tali moderne communities di lavoratori (Akhavan, Mariotti, 2018; Mariotti, Akhavan, 2020). Inoltre, una parte significativa dei CS organizza eventi aperti alla comunità e/o al pubblico che contribuiscono, a volte in modo significativo, ai ricavi del gestore.File | Dimensione | Formato | |
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