Nel febbraio del 1949 l’Italia approva il Piano INA-Casa, una legge per incentivare l’occupazione operaia attraverso la costruzione di case popolari. Il Piano, attivo fino al 1963, portò alla realizzazione di 350.000 alloggi in quartieri organicamente autonomi e riconoscibili su tutto il territorio nazionale. Molti maestri dell’architettura e dell’urbanistica moderna ebbero un ruolo fondamentale in questa iniziativa e la sperimentazione sul tema del quartiere alimentò confronti e dibattiti. A Roma il Tiburtino di Ridolfi o il Tuscolano di Quaroni e Libera, interpretano l’inquietudine nei confronti degli schematismi di un certo Moderno tornando alla scala del borgo, mentre Milano, ad Harar con Figini Pollini e Gio Ponti, o al quartiere Feltre, il grande gruppo degli architetti milanesi propongono soluzioni in cui la morfologia compatta della città tradizionale viene abbandonata a favore di una valorizzazione dello spazio pubblico e della natura, posta al centro. Dal punto di vista tipologico, alcuni Suggerimenti pubblicati dal direttore dell’ufficio tecnico, Adalberto Libera, avevano indicato una preferenza per case a schiera addossate, case in linea e edifici a torre, offrendo una varietà tipologica la cui interpretazione e montaggio divennero il principale tema compositivo di un’iniziativa che ha saputo abitare e interpretare i contesti locali dell’Italia della ricostruzione.
NON CASE, MA CITTÀ - NON PROGETTI, MA PROGETTISTI. I QUARTIERI INA-CASA NELL’ITALIA DEGLI ANNI CINQUANTA.
pierini orsina Simona
2019-01-01
Abstract
Nel febbraio del 1949 l’Italia approva il Piano INA-Casa, una legge per incentivare l’occupazione operaia attraverso la costruzione di case popolari. Il Piano, attivo fino al 1963, portò alla realizzazione di 350.000 alloggi in quartieri organicamente autonomi e riconoscibili su tutto il territorio nazionale. Molti maestri dell’architettura e dell’urbanistica moderna ebbero un ruolo fondamentale in questa iniziativa e la sperimentazione sul tema del quartiere alimentò confronti e dibattiti. A Roma il Tiburtino di Ridolfi o il Tuscolano di Quaroni e Libera, interpretano l’inquietudine nei confronti degli schematismi di un certo Moderno tornando alla scala del borgo, mentre Milano, ad Harar con Figini Pollini e Gio Ponti, o al quartiere Feltre, il grande gruppo degli architetti milanesi propongono soluzioni in cui la morfologia compatta della città tradizionale viene abbandonata a favore di una valorizzazione dello spazio pubblico e della natura, posta al centro. Dal punto di vista tipologico, alcuni Suggerimenti pubblicati dal direttore dell’ufficio tecnico, Adalberto Libera, avevano indicato una preferenza per case a schiera addossate, case in linea e edifici a torre, offrendo una varietà tipologica la cui interpretazione e montaggio divennero il principale tema compositivo di un’iniziativa che ha saputo abitare e interpretare i contesti locali dell’Italia della ricostruzione.File | Dimensione | Formato | |
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