Il contributo degli storici dell’arte al dibattito sul destino dei centri storici fra le due guerre è senz’altro rilevante. Nell’ambito di un significativo rivolgimento della disciplina, complici anche le dirompenti novità introdotte dai movimenti d’avanguardia già sul finire dell’Ottocento, essi cominciarono a guardare alla città come a un luogo di confronto, quasi mai pacifico, tra tradizione e rinnovamento. Si tratta di uno sguardo inedito, che seppure incise poco o nulla sugli esiti concreti delle trasformazioni urbane di quella stagione, è sintomatico di una attenzione piuttosto inedita ai tessuti storici e alla necessità di preservarli, pur nell’inevitabilità, se non nell’auspicabilità, dei processi di modernizzazione degli abitati. In questo ambito, il contributo teorico di Roberto Papini, la cui formazione come storico e critico d’arte e d’architettura a cavallo tra Otto e Novecento risente tanto dell’influenza del positivismo, quanto delle nascenti tendenze ‘spiritualiste’, offre spunti interessanti Il saggio indaga, grazie all’analisi di parte della doc l’evoluzione del pensiero di Papini sulla trasformazione della città storica dagli esordi come opinionista – grazie alla sua prolifica attività giornalistica come responsabile della pagina culturale del Corriere delle Sera, come corrispondente per “La Nazione italiana” e per riviste di settore come “Emporium” e “Architettura e arti decorative” – fino ai più maturi incarichi nelle commissioni per la valutazione dei piani regolatori di numerose città italiane come Arezzo, Siena, Perugia e Bergamo, per citare le più note. La sua straordinaria capacità di leggere in anticipo i cambiamenti culturali in atto, che lo portarono fra l’altro a una difesa del tutto inedita, per il suo tipo di formazione, del movimento moderno in architettura, lo resero protagonista, certamente discusso e per varie ragioni criticato, ancora nella stagione post-bellica quando ebbe un ruolo rilevante, seppure sempre più marginalizzato, nel dibattito sulla ricostruzione del centro storico di Firenze e sulle opportunità e modalità di espansione della città. Il volume Firenze a pezzi e bocconi, libro bianco con 85 documenti allegati, pubblicato poco prima della morte nel 1957, chiude di fatto una lunghissima e costante attività in difesa delle città storiche italiane.

Città storica e modernità. Riflessioni e polemiche di Roberto Papini fra le due guerre (1925-1943)

A. M. Oteri
2019-01-01

Abstract

Il contributo degli storici dell’arte al dibattito sul destino dei centri storici fra le due guerre è senz’altro rilevante. Nell’ambito di un significativo rivolgimento della disciplina, complici anche le dirompenti novità introdotte dai movimenti d’avanguardia già sul finire dell’Ottocento, essi cominciarono a guardare alla città come a un luogo di confronto, quasi mai pacifico, tra tradizione e rinnovamento. Si tratta di uno sguardo inedito, che seppure incise poco o nulla sugli esiti concreti delle trasformazioni urbane di quella stagione, è sintomatico di una attenzione piuttosto inedita ai tessuti storici e alla necessità di preservarli, pur nell’inevitabilità, se non nell’auspicabilità, dei processi di modernizzazione degli abitati. In questo ambito, il contributo teorico di Roberto Papini, la cui formazione come storico e critico d’arte e d’architettura a cavallo tra Otto e Novecento risente tanto dell’influenza del positivismo, quanto delle nascenti tendenze ‘spiritualiste’, offre spunti interessanti Il saggio indaga, grazie all’analisi di parte della doc l’evoluzione del pensiero di Papini sulla trasformazione della città storica dagli esordi come opinionista – grazie alla sua prolifica attività giornalistica come responsabile della pagina culturale del Corriere delle Sera, come corrispondente per “La Nazione italiana” e per riviste di settore come “Emporium” e “Architettura e arti decorative” – fino ai più maturi incarichi nelle commissioni per la valutazione dei piani regolatori di numerose città italiane come Arezzo, Siena, Perugia e Bergamo, per citare le più note. La sua straordinaria capacità di leggere in anticipo i cambiamenti culturali in atto, che lo portarono fra l’altro a una difesa del tutto inedita, per il suo tipo di formazione, del movimento moderno in architettura, lo resero protagonista, certamente discusso e per varie ragioni criticato, ancora nella stagione post-bellica quando ebbe un ruolo rilevante, seppure sempre più marginalizzato, nel dibattito sulla ricostruzione del centro storico di Firenze e sulle opportunità e modalità di espansione della città. Il volume Firenze a pezzi e bocconi, libro bianco con 85 documenti allegati, pubblicato poco prima della morte nel 1957, chiude di fatto una lunghissima e costante attività in difesa delle città storiche italiane.
2019
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