Chi è l’architetto oggi? In un numero sempre crescente di casi (tanto crescente da sfiorare ormai la quasi totalità), un professionista il cui mestiere consiste fondamentalmente nel soddisfare, con un impegno e una competenza variabili da individuo a individuo, le richieste della committenza, senza tuttavia alcuna capacità o ambizione di dare – delle città e della società nelle quali vive – una lettura più ampia e articolata, di fornirne una visione complessiva, e soprattutto una visione critica. Che non sempre sia stato così lo testimonia abbondantemente una tradizione che, da Leon Battista Alberti a Aldo Rossi, ha visto di sovente l’architetto assumere il ruolo dell’intellettuale: non soltanto quello di ideatore di edifici ma anche quello di autore di “interpretazioni del mondo”, in grado – se non immediatamente di modificarlo – almeno di metterlo in discussione. Nel corso della storia gli architetti sono stati via via consiglieri, propositori, pensatori, sognatori, utopisti. Da qualche decennio a questa parte, però, qualcosa sembra mutato: questi ruoli sembrano non appartenere più ai compiti – e all’orizzonte d’interesse – dell’architetto. Da intellettuale operante a mero esecutore di progetti (per quanto complessi e impegnativi questi possano essere), la traiettoria segna un’involuzione evidente. Alcuni interrogativi s’impongono a questo punto: esiste ancora, nel panorama odierno, qualche architetto erede di quella nobile tradizione? E inoltre: serve ancora l’architetto intellettuale nella società attuale? E servirà in futuro?

L'architetto come intellettuale

M. Biraghi
2019-01-01

Abstract

Chi è l’architetto oggi? In un numero sempre crescente di casi (tanto crescente da sfiorare ormai la quasi totalità), un professionista il cui mestiere consiste fondamentalmente nel soddisfare, con un impegno e una competenza variabili da individuo a individuo, le richieste della committenza, senza tuttavia alcuna capacità o ambizione di dare – delle città e della società nelle quali vive – una lettura più ampia e articolata, di fornirne una visione complessiva, e soprattutto una visione critica. Che non sempre sia stato così lo testimonia abbondantemente una tradizione che, da Leon Battista Alberti a Aldo Rossi, ha visto di sovente l’architetto assumere il ruolo dell’intellettuale: non soltanto quello di ideatore di edifici ma anche quello di autore di “interpretazioni del mondo”, in grado – se non immediatamente di modificarlo – almeno di metterlo in discussione. Nel corso della storia gli architetti sono stati via via consiglieri, propositori, pensatori, sognatori, utopisti. Da qualche decennio a questa parte, però, qualcosa sembra mutato: questi ruoli sembrano non appartenere più ai compiti – e all’orizzonte d’interesse – dell’architetto. Da intellettuale operante a mero esecutore di progetti (per quanto complessi e impegnativi questi possano essere), la traiettoria segna un’involuzione evidente. Alcuni interrogativi s’impongono a questo punto: esiste ancora, nel panorama odierno, qualche architetto erede di quella nobile tradizione? E inoltre: serve ancora l’architetto intellettuale nella società attuale? E servirà in futuro?
2019
Einaudi
9788806239923
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