È posizione condivisa che la rigenerazione urbana sia ormai una necessità, nonché l’orizzonte principale a cui deve tendere ogni intervento sulla città contemporanea. Nell’ampia gamma di azioni che vengono ricondotte a tale termine, tuttavia, convivono approcci diversi. Se la crisi economica ha rallentato e bloccato numerosi interventi di ristrutturazione urbanistica avviati su grandi aree dismesse, dando origine a progetti interrotti e segnalando la necessità di innovare gli strumenti urbanistico-finanziari a supporto di tali trasformazioni, emerge una riflessione disciplinare vivace, che si interroga sulla concreta applicabilità del riciclo e dell’adaptive reuse, ma che si scontra con le ancora forti inerzie delle modalità d’intervento correnti, riconducibili ai più tradizionali modelli di progetto urbano integrato degli anni ’80 e ’90. Tale diversità nel modus operandi è riscontrabile anche in realtà urbane geograficamente prossime e simili per storia e assetti socio-economici, quali Modena e Reggio Emilia. Nel primo caso, in diverse aree ex-industriali nel quadrante a nord della fascia ferroviaria si è intervenuto con una preventiva tabula rasa. Nel secondo caso, nel comparto delle ex-Officine Meccaniche Reggiane si sta realizzando un parco per l’innovazione tecnologica riutilizzando i fabbricati industriali storici. La rilettura e il confronto di queste due esperienze consentono di riflettere sulle loro potenzialità e i loro limiti, traendone insegnamenti per future operazioni, auspicate e incentivate dalla nuova Legge Urbanistica della Regione Emilia-Romagna (2017).
Capisaldi per la memoria e “prese” per il futuro. Considerazioni sul (possibile) ruolo del patrimonio ex-industriale a partire dall’osservazione di due processi di rigenerazione urbana a Modena e Reggio Emilia
C. Mattioli;F. Zanfi
2019-01-01
Abstract
È posizione condivisa che la rigenerazione urbana sia ormai una necessità, nonché l’orizzonte principale a cui deve tendere ogni intervento sulla città contemporanea. Nell’ampia gamma di azioni che vengono ricondotte a tale termine, tuttavia, convivono approcci diversi. Se la crisi economica ha rallentato e bloccato numerosi interventi di ristrutturazione urbanistica avviati su grandi aree dismesse, dando origine a progetti interrotti e segnalando la necessità di innovare gli strumenti urbanistico-finanziari a supporto di tali trasformazioni, emerge una riflessione disciplinare vivace, che si interroga sulla concreta applicabilità del riciclo e dell’adaptive reuse, ma che si scontra con le ancora forti inerzie delle modalità d’intervento correnti, riconducibili ai più tradizionali modelli di progetto urbano integrato degli anni ’80 e ’90. Tale diversità nel modus operandi è riscontrabile anche in realtà urbane geograficamente prossime e simili per storia e assetti socio-economici, quali Modena e Reggio Emilia. Nel primo caso, in diverse aree ex-industriali nel quadrante a nord della fascia ferroviaria si è intervenuto con una preventiva tabula rasa. Nel secondo caso, nel comparto delle ex-Officine Meccaniche Reggiane si sta realizzando un parco per l’innovazione tecnologica riutilizzando i fabbricati industriali storici. La rilettura e il confronto di queste due esperienze consentono di riflettere sulle loro potenzialità e i loro limiti, traendone insegnamenti per future operazioni, auspicate e incentivate dalla nuova Legge Urbanistica della Regione Emilia-Romagna (2017).File | Dimensione | Formato | |
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