Il contributo illustra il pensiero e l'opera dell'architetto e designer italiano Francesco Mendini, mettendo in evidenza il rapporto con il contesto culturale dell'Italia degli anni Settanta/Ottanta e la sua incessante attività di ricerca, tesa da un lato alla critica della società dei consumi e dall'altro all'attribuzione di un ruolo determinante alla decorazione come strumento di comunicazione. Fil rouge di questa narrazione critica sono le riviste “Domus”, “Casabella”, “Modo” di cui Mendini è stato direttore. Nel contesto ideologico dei primi anni Settanta, fortemente critico nei confronti della “società dei consumi” e in larga parte impregnato degli umori dell’“estetica libidica” del Marcuse di Eros e Civiltà, Mendini matura la propria visione del mondo con un approccio progettuale al tempo stesso letterario e iconografico, che fa dell’uso dissacrante delle immagini, accompagnate dal ricorso a una tecnica di scrittura simile all’aforisma, uno strumento di critica serrata al Razionalismo, al Funzionalismo, al tecnologismo fini a se stessi e all’industria. Nascono così gli “oggetti ad uso spirituale”, vere e proprie performance visive attraverso le copertine di “Domus” (dal Gorilla Beringei, alle sedie Terra, Lassù e Scivolavo, alle lampade senza luce, ecc..) pongono delle riflessioni sulla nostra società. Il contributo si sofferma poi sulla vicenda della Global Tools e sui progetti di redesign per poi affrontare la stagione di Alchimia che diede vita ad una produzione autonoma di arredi non industriali, contrapponendo la pittura al progetto e il disegno al design. In questo contesto assume un ruolo determinante la decorazione in quanto valore “stabile”, antropologico, dotata di un forte impatto emozionale e simbolico. Gli anni Ottanta sono gli anni dell’oggetto banale - inteso come presa di coscienza del quotidiano e sfida alle regole del buon gusto e del cosiddetto Bel Design – ma anche gli anni dell’incontro tra Mendini e la produzione in serie con le collaborazioni con Alessi e Zanotta. La sfida è in entrambi i casi il superamento del conflitto fra originale e seriale, tra arte e industria a favore di una “arte utile” capace di rompere le barriere tra arte, artigianato e industria. Nascono così i mobili per Zanotta prodotti in serie ma decorati, intarsiati o serigrafati a mano che recuperano le tecniche di lavorazione artigianale (collezione nuova Alchimia) e le serie diversificate (concetto di multiplo traslato dal mondo dell’arte a quello del design) per Alessi. Il. tema della decorazione come “cosmesi universale” si estende anche al disegno delle superfici in laminato (dal design all’architettura) e diventa con la serie Ollo un nuovo alfabeto visivo, espressione di un “design pittorico”. Gli anni Novanta hanno coinciso per Mendini con l’apice del suo successo professionale a cui non ha corrisposto, come spesso accade, un idebolimento del suo pensiero critico né la dismisisone di un atteggiamento progettuale fortemente incline alla sperimentazione. Il contributo comprende un testo critico, un'intervista originale dal titolo "Alessandro Mendini: una nuova utopia" e n. 4 schede di catalogo: "Oggetti ad uso spirituale", "Redesign di mobili anonimi e d'autore", "Poltrona Proust", "Fabbrica estetica". Nell’intervista Mendini affronta i seguenti temi: il significato del termine “design”, il neoartigianato tecnologico, il ruolo delle avanguardie artistiche nella sua formazione, la responsabilità etica del designer, la necessità di una Nuova Utopia.
Alessandro Mendini
G. L. Ciagà
2019-01-01
Abstract
Il contributo illustra il pensiero e l'opera dell'architetto e designer italiano Francesco Mendini, mettendo in evidenza il rapporto con il contesto culturale dell'Italia degli anni Settanta/Ottanta e la sua incessante attività di ricerca, tesa da un lato alla critica della società dei consumi e dall'altro all'attribuzione di un ruolo determinante alla decorazione come strumento di comunicazione. Fil rouge di questa narrazione critica sono le riviste “Domus”, “Casabella”, “Modo” di cui Mendini è stato direttore. Nel contesto ideologico dei primi anni Settanta, fortemente critico nei confronti della “società dei consumi” e in larga parte impregnato degli umori dell’“estetica libidica” del Marcuse di Eros e Civiltà, Mendini matura la propria visione del mondo con un approccio progettuale al tempo stesso letterario e iconografico, che fa dell’uso dissacrante delle immagini, accompagnate dal ricorso a una tecnica di scrittura simile all’aforisma, uno strumento di critica serrata al Razionalismo, al Funzionalismo, al tecnologismo fini a se stessi e all’industria. Nascono così gli “oggetti ad uso spirituale”, vere e proprie performance visive attraverso le copertine di “Domus” (dal Gorilla Beringei, alle sedie Terra, Lassù e Scivolavo, alle lampade senza luce, ecc..) pongono delle riflessioni sulla nostra società. Il contributo si sofferma poi sulla vicenda della Global Tools e sui progetti di redesign per poi affrontare la stagione di Alchimia che diede vita ad una produzione autonoma di arredi non industriali, contrapponendo la pittura al progetto e il disegno al design. In questo contesto assume un ruolo determinante la decorazione in quanto valore “stabile”, antropologico, dotata di un forte impatto emozionale e simbolico. Gli anni Ottanta sono gli anni dell’oggetto banale - inteso come presa di coscienza del quotidiano e sfida alle regole del buon gusto e del cosiddetto Bel Design – ma anche gli anni dell’incontro tra Mendini e la produzione in serie con le collaborazioni con Alessi e Zanotta. La sfida è in entrambi i casi il superamento del conflitto fra originale e seriale, tra arte e industria a favore di una “arte utile” capace di rompere le barriere tra arte, artigianato e industria. Nascono così i mobili per Zanotta prodotti in serie ma decorati, intarsiati o serigrafati a mano che recuperano le tecniche di lavorazione artigianale (collezione nuova Alchimia) e le serie diversificate (concetto di multiplo traslato dal mondo dell’arte a quello del design) per Alessi. Il. tema della decorazione come “cosmesi universale” si estende anche al disegno delle superfici in laminato (dal design all’architettura) e diventa con la serie Ollo un nuovo alfabeto visivo, espressione di un “design pittorico”. Gli anni Novanta hanno coinciso per Mendini con l’apice del suo successo professionale a cui non ha corrisposto, come spesso accade, un idebolimento del suo pensiero critico né la dismisisone di un atteggiamento progettuale fortemente incline alla sperimentazione. Il contributo comprende un testo critico, un'intervista originale dal titolo "Alessandro Mendini: una nuova utopia" e n. 4 schede di catalogo: "Oggetti ad uso spirituale", "Redesign di mobili anonimi e d'autore", "Poltrona Proust", "Fabbrica estetica". Nell’intervista Mendini affronta i seguenti temi: il significato del termine “design”, il neoartigianato tecnologico, il ruolo delle avanguardie artistiche nella sua formazione, la responsabilità etica del designer, la necessità di una Nuova Utopia.File | Dimensione | Formato | |
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Descrizione: Testo critico, intervista e schede di catalogo
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