Il saggio fa parte di una ricerca pluriennale dell’autore sulla figura di Giuseppe Samonà, sulla cui opera a scritto numerosi saggi. Il presente saggio si incrocia con la riflessione che parallelamente l’autore conduce sulle forme del progetto urbanistico. Il saggio ha origine dalla partecipazione al convegno: "La pianificazione come strumento per lo sviluppo del Trentino. Dialogo sul ruolo del sapere tecnico nella costruzione del territorio", organizzato dalla Provincia autonoma di Trento in collaborazione con Inu-Istituto Nazionale di Urbanistica e Ordine degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Trento. Il Piano del Trentino di Giuseppe Samonà (1967) introduce l’idea di una ‘città senza concentrazione’: una ‘campagna urbanizzata’ popolata da servizi e luoghi della produzione. Il Piano consiste in una ‘visione’ di lungo periodo espressa entro una forma ‘argomentativa’ del discorso che prevale su quella prescrittiva. Esso fa leva sul ‘convincimento’ del destinatario, più che sulla forza obbligatoria del Piano. Predilige inoltre forme di prescrittività che implicano il ‘dialogo costante’ tra differenti livelli di progettazione e di governo, tra soggetto pubblico, cittadini ed attori. Il saggio muove a partire dall’esperienza trentina, cogliendo alcune relazioni con altre riflessioni di Samonà, osservando gli anni precedenti e quelli successivi. Pur evolvendosi, il pensiero dell’autore siciliano lavora attorno ad un nucleo tematico molto denso che ha avuto nel Piano del Trentino un primo deposito formale e ha rappresentato un innesco per successive riflessioni teoriche e progettuali. - Pianificare l’area vasta per Samonà non significa aumentare la distanza tra l’osservatore, il territorio e i fatti urbani. Non comporta la costruzione di discorsi aggregati nei quali le differenze scompaiono. Si tratta, invece, di tenere viva una attenzione alle differenze locali e contemporaneamente avere un quadro d’assieme che le possa comprendere senza ridurle. -Si potrebbe parlare di ‘pragmatismo visionario’: un esercizio dell’immaginazione, temperato e orientato dal pragmatismo, e quindi dalla responsabilità derivante da un’approfondita conoscenza delle risorse, delle opportunità, delle criticità e delle resistenze alla trasformazione riscontrabili nei contesti esplorati, così come nelle aspirazioni, nei desideri e nelle attese della popolazione. - Il Piano del Trentino prima ancora di essere un dispositivo prescrittivo è innanzi tutto un grande apparato argomentativo, destinato a motivare e a giustificare principi e scelte strategiche con i suoi elaborati scritti e disegnati, destinato a costruire tematizzazioni che si invita a condividere. - Il piano intende ridurre la sua dimensione deterministica per affrontare il tempo e l’incertezza ad esso legata, fornendo una base di principi, criteri e logiche insediative, utili a orientare l’azione. - Si tratta di una «Magna Charta» cioè la costruzione di un quadro di sfondo condiviso, un ‘patto costituzionale’ sul quale si possano intessere le «libertà individuali» le quali, a loro volta, sono destinate ad arricchirlo attraverso la loro interpretazione e azione, costruendo «il grande Documento della città» come dirà Samonà molti anni dopo anche in occasione del piano di Cadoneghe. Un tema che ritroviamo più volte nella riflessione di Samonà in seguito in forme diverse, ad esempio anche a Montepulciano e a Palermo, ogni volta che l’autore si è impegnato in una riflessione sulle forme del progetto. - Nel caso del Trentino al piano viene assegnato un ruolo che appare innovativo e denso di suggestioni. Soprattutto oggi che abbiamo capito di avere bisogno di progetti autorevoli ma non unidirezionali, progetti che aprano a più futuri possibili, progetti capaci di orientare più che di determinare.
Argomentazione e responsabilità. Giuseppe Samonà e il Piano del Trentino.
F. Infussi
2019-01-01
Abstract
Il saggio fa parte di una ricerca pluriennale dell’autore sulla figura di Giuseppe Samonà, sulla cui opera a scritto numerosi saggi. Il presente saggio si incrocia con la riflessione che parallelamente l’autore conduce sulle forme del progetto urbanistico. Il saggio ha origine dalla partecipazione al convegno: "La pianificazione come strumento per lo sviluppo del Trentino. Dialogo sul ruolo del sapere tecnico nella costruzione del territorio", organizzato dalla Provincia autonoma di Trento in collaborazione con Inu-Istituto Nazionale di Urbanistica e Ordine degli Architetti Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Trento. Il Piano del Trentino di Giuseppe Samonà (1967) introduce l’idea di una ‘città senza concentrazione’: una ‘campagna urbanizzata’ popolata da servizi e luoghi della produzione. Il Piano consiste in una ‘visione’ di lungo periodo espressa entro una forma ‘argomentativa’ del discorso che prevale su quella prescrittiva. Esso fa leva sul ‘convincimento’ del destinatario, più che sulla forza obbligatoria del Piano. Predilige inoltre forme di prescrittività che implicano il ‘dialogo costante’ tra differenti livelli di progettazione e di governo, tra soggetto pubblico, cittadini ed attori. Il saggio muove a partire dall’esperienza trentina, cogliendo alcune relazioni con altre riflessioni di Samonà, osservando gli anni precedenti e quelli successivi. Pur evolvendosi, il pensiero dell’autore siciliano lavora attorno ad un nucleo tematico molto denso che ha avuto nel Piano del Trentino un primo deposito formale e ha rappresentato un innesco per successive riflessioni teoriche e progettuali. - Pianificare l’area vasta per Samonà non significa aumentare la distanza tra l’osservatore, il territorio e i fatti urbani. Non comporta la costruzione di discorsi aggregati nei quali le differenze scompaiono. Si tratta, invece, di tenere viva una attenzione alle differenze locali e contemporaneamente avere un quadro d’assieme che le possa comprendere senza ridurle. -Si potrebbe parlare di ‘pragmatismo visionario’: un esercizio dell’immaginazione, temperato e orientato dal pragmatismo, e quindi dalla responsabilità derivante da un’approfondita conoscenza delle risorse, delle opportunità, delle criticità e delle resistenze alla trasformazione riscontrabili nei contesti esplorati, così come nelle aspirazioni, nei desideri e nelle attese della popolazione. - Il Piano del Trentino prima ancora di essere un dispositivo prescrittivo è innanzi tutto un grande apparato argomentativo, destinato a motivare e a giustificare principi e scelte strategiche con i suoi elaborati scritti e disegnati, destinato a costruire tematizzazioni che si invita a condividere. - Il piano intende ridurre la sua dimensione deterministica per affrontare il tempo e l’incertezza ad esso legata, fornendo una base di principi, criteri e logiche insediative, utili a orientare l’azione. - Si tratta di una «Magna Charta» cioè la costruzione di un quadro di sfondo condiviso, un ‘patto costituzionale’ sul quale si possano intessere le «libertà individuali» le quali, a loro volta, sono destinate ad arricchirlo attraverso la loro interpretazione e azione, costruendo «il grande Documento della città» come dirà Samonà molti anni dopo anche in occasione del piano di Cadoneghe. Un tema che ritroviamo più volte nella riflessione di Samonà in seguito in forme diverse, ad esempio anche a Montepulciano e a Palermo, ogni volta che l’autore si è impegnato in una riflessione sulle forme del progetto. - Nel caso del Trentino al piano viene assegnato un ruolo che appare innovativo e denso di suggestioni. Soprattutto oggi che abbiamo capito di avere bisogno di progetti autorevoli ma non unidirezionali, progetti che aprano a più futuri possibili, progetti capaci di orientare più che di determinare.File | Dimensione | Formato | |
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