«L’esistente è divenuto patrimonio» (V. Gregotti) Quando Gregotti dedica al tema della “Architettura come modificazio- ne” il numero di Casabella (498/9, 1984), conduce al tavolo del progetto tre sguardi: quello ontologico contenuto nel saggio di Cacciari, quello delle politiche di trasformazione urbana di Secchi e quello rivolto al cor- po dell’esistente sostenuto da lui stesso. Sintetizzando i tre contributi si delinea un ‘progetto della realtà’ le cui condizioni di partenza e arrivo sono incerte, la cui sostanza è una com- plessità irriducibile da qualsivoglia ‘legge’, definitivamente orfana di una prospettiva espansiva, il cui terreno più fertile (e necessario) di speri- mentazione si trova in ‘interstizi’ non agilmente comprensibili. Da qui riparte la sperimentazione che conduco da diversi anni: pratica di un progetto tanto necessario quanto incerto, che elegge a ‘patrimo- nio’ quei luoghi estremi in cui la tensione verso la modificazione è tanto alta da annichilire ogni possibilità di progetto. Nichilismo progettuale è forse il termine (ossimorico) che unisce in un ‘testa-coda’ letale il patrimonio ‘alto’ polverizzato dal processo immobile di museificazione o, peggio, mercificazione, al patrimonio ‘basso’, sti- pato nel retro del retro dei luoghi umani, disintegrato da un principio di rimozione sia esogeno che endogeno. Il patrimonio rimosso è quello la cui modificazione parte dalla costruzio- ne, nei suoi interstizi continuamente instabili, di una possibilità di proget- to. Le sperimentazioni, da cui parto e a cui giungo, riguardano progetti condivisi: negli spazi delle carceri e nei margini di isolamento e degrado delle periferie urbane.

La cura del rimosso

A. Di Franco
2019-01-01

Abstract

«L’esistente è divenuto patrimonio» (V. Gregotti) Quando Gregotti dedica al tema della “Architettura come modificazio- ne” il numero di Casabella (498/9, 1984), conduce al tavolo del progetto tre sguardi: quello ontologico contenuto nel saggio di Cacciari, quello delle politiche di trasformazione urbana di Secchi e quello rivolto al cor- po dell’esistente sostenuto da lui stesso. Sintetizzando i tre contributi si delinea un ‘progetto della realtà’ le cui condizioni di partenza e arrivo sono incerte, la cui sostanza è una com- plessità irriducibile da qualsivoglia ‘legge’, definitivamente orfana di una prospettiva espansiva, il cui terreno più fertile (e necessario) di speri- mentazione si trova in ‘interstizi’ non agilmente comprensibili. Da qui riparte la sperimentazione che conduco da diversi anni: pratica di un progetto tanto necessario quanto incerto, che elegge a ‘patrimo- nio’ quei luoghi estremi in cui la tensione verso la modificazione è tanto alta da annichilire ogni possibilità di progetto. Nichilismo progettuale è forse il termine (ossimorico) che unisce in un ‘testa-coda’ letale il patrimonio ‘alto’ polverizzato dal processo immobile di museificazione o, peggio, mercificazione, al patrimonio ‘basso’, sti- pato nel retro del retro dei luoghi umani, disintegrato da un principio di rimozione sia esogeno che endogeno. Il patrimonio rimosso è quello la cui modificazione parte dalla costruzio- ne, nei suoi interstizi continuamente instabili, di una possibilità di proget- to. Le sperimentazioni, da cui parto e a cui giungo, riguardano progetti condivisi: negli spazi delle carceri e nei margini di isolamento e degrado delle periferie urbane.
2019
Il progetto di architettura come intersezione di saperi; Per una nozione rinnovata di Patrimonio
9788890905490
carcere, periferia, nichilismo progettuale
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