Nate in concomitanza ai primi trafori ferroviari e all’apertura delle Alpi al turismo di massa, e oggi ampiamente diffuse nel paesaggio progettato delle Alpi, le vie ferrate sono percorsi che l’uomo costruisce tramite l’inserimento nella roccia di elementi artificiali, allo scopo di garantire l’accessibilità a una via di montagna. Questa ricerca ripercorre la storia delle vie ferrate non limitandosi a un’indagine interna al mondo dell’alpinismo, ma con l’obiettivo di aprire il tema delle vie di montagna alla storia del paesaggio, indagando il ruolo svolto dalle vie ferrate nel tenere in vita una peculiare memoria culturale del territorio alpino. A partire dagli anni novanta, le vie ferrate si diffusero fuori dal paesaggio dolomitico a cui erano storicamente legate: abbandonarono le alte quote per scendere nel fondovalle, aggrappandosi alle falesie e alle sponde dei canyon. Da vie lunghe e difficili, che richiedevano diverse ore (a volte giorni) per essere percorse, sono passate a vie alla francese, sportive, ma brevi, simili a parchi-avventura e disegnate per richiamare un pubblico vasto. In risposta al profondo cambio di valore attribuito alle recenti vie ferrate, i Club Alpini si dotarono di strumenti per monitorare e limitare la costruzione di nuove vie, come il Bidecalogo del CAI, dove è precisato come: «il Cai è e resta contrario all’installazione di nuove vie ferrate e attrezzate. Si adopera ovunque possibile, per dismettere le esistenti, con la sola eccezione di quelle di rilevante valore storico e culturale». Allo scopo di suggerire una definizione operativa di «valore storico e culturale», questa ricerca ripercorre il ruolo assunto dalle vie ferrate nell’evoluzione del paesaggio alpino, indagando il rapporto tra vie ferrate e luoghi della memoria culturale.
La montagna attrezzata Il disegno delle vie ferrate, storia e progetti (1869-2018)
Giulia Tacchini
2018-01-01
Abstract
Nate in concomitanza ai primi trafori ferroviari e all’apertura delle Alpi al turismo di massa, e oggi ampiamente diffuse nel paesaggio progettato delle Alpi, le vie ferrate sono percorsi che l’uomo costruisce tramite l’inserimento nella roccia di elementi artificiali, allo scopo di garantire l’accessibilità a una via di montagna. Questa ricerca ripercorre la storia delle vie ferrate non limitandosi a un’indagine interna al mondo dell’alpinismo, ma con l’obiettivo di aprire il tema delle vie di montagna alla storia del paesaggio, indagando il ruolo svolto dalle vie ferrate nel tenere in vita una peculiare memoria culturale del territorio alpino. A partire dagli anni novanta, le vie ferrate si diffusero fuori dal paesaggio dolomitico a cui erano storicamente legate: abbandonarono le alte quote per scendere nel fondovalle, aggrappandosi alle falesie e alle sponde dei canyon. Da vie lunghe e difficili, che richiedevano diverse ore (a volte giorni) per essere percorse, sono passate a vie alla francese, sportive, ma brevi, simili a parchi-avventura e disegnate per richiamare un pubblico vasto. In risposta al profondo cambio di valore attribuito alle recenti vie ferrate, i Club Alpini si dotarono di strumenti per monitorare e limitare la costruzione di nuove vie, come il Bidecalogo del CAI, dove è precisato come: «il Cai è e resta contrario all’installazione di nuove vie ferrate e attrezzate. Si adopera ovunque possibile, per dismettere le esistenti, con la sola eccezione di quelle di rilevante valore storico e culturale». Allo scopo di suggerire una definizione operativa di «valore storico e culturale», questa ricerca ripercorre il ruolo assunto dalle vie ferrate nell’evoluzione del paesaggio alpino, indagando il rapporto tra vie ferrate e luoghi della memoria culturale.File | Dimensione | Formato | |
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