Nel capoluogo lombardo Ferrovie dello Stato dispone di sette scali ferroviari in disuso o in via di dismissione: si tratta di aree per un totale di «circa 1.300.000 mq di superficie territoriale; di questi, 190.000 mq corrispondono ad aree da mantenere strumentali all’esercizio ferroviario che vengono comprese negli ambiti di trasformazione per essere integrate dal punto di vista progettuale e ambientale», distribuiti nella città consolidata sull’anello incompleto della linea ferrata . I sette scali milanesi rappresentano un’occasione eccezionale e irripetibile di trasformazione urbana e di messa a punto di un’idea di città. Non solo l’estensione di tali aree, ma la loro dislocazione sul territorio comunale e l’elevatissimo grado di accessibilità del trasporto pubblico garantito dal sistema del ferro, nonché la loro interconnessione, rendono cruciale il riuso di tale patrimonio. Patrimonio che, è bene ricordarlo, nasce demaniale e ha originariamente lo statuto di pubblico, sebbene sia stato poi privatizzato. Oltre a ciò, non può essere taciuta l’occasione implicita custodita nel ridisegnare la geografia urbana con riferimento ad un “interno” ed un “esterno” della cintura ferroviaria, stabilendo nuove gerarchie nella città e nell’area metropolitana. L’intento di riordinare e rendere più efficiente il sistema ferroviario e la previsione di recuperare gli scali merci, nonché parti di tratte e aree funzionali non più in esercizio, a Milano parte da molto lontano e ha conosciuto accelerazioni e rallentamenti fino ad approdare alla situazione odierna. Si propone pertanto una ricostruzione cronologica del processo – esemplificativo delle difficoltà dei percorsi di rigenerazione urbana e delle modalità di cooperazione inter- istituzionale – che ha portato, nel luglio 2018, alla ratifica dello strumento ad hoc che regolerà la trasformazione delle aree a latere rispetto allo strumento di pianificazione della città (Piano di Governo del Territorio).

Milano, scali ferroviari e trasformazione della città

L. Montedoro
2018-01-01

Abstract

Nel capoluogo lombardo Ferrovie dello Stato dispone di sette scali ferroviari in disuso o in via di dismissione: si tratta di aree per un totale di «circa 1.300.000 mq di superficie territoriale; di questi, 190.000 mq corrispondono ad aree da mantenere strumentali all’esercizio ferroviario che vengono comprese negli ambiti di trasformazione per essere integrate dal punto di vista progettuale e ambientale», distribuiti nella città consolidata sull’anello incompleto della linea ferrata . I sette scali milanesi rappresentano un’occasione eccezionale e irripetibile di trasformazione urbana e di messa a punto di un’idea di città. Non solo l’estensione di tali aree, ma la loro dislocazione sul territorio comunale e l’elevatissimo grado di accessibilità del trasporto pubblico garantito dal sistema del ferro, nonché la loro interconnessione, rendono cruciale il riuso di tale patrimonio. Patrimonio che, è bene ricordarlo, nasce demaniale e ha originariamente lo statuto di pubblico, sebbene sia stato poi privatizzato. Oltre a ciò, non può essere taciuta l’occasione implicita custodita nel ridisegnare la geografia urbana con riferimento ad un “interno” ed un “esterno” della cintura ferroviaria, stabilendo nuove gerarchie nella città e nell’area metropolitana. L’intento di riordinare e rendere più efficiente il sistema ferroviario e la previsione di recuperare gli scali merci, nonché parti di tratte e aree funzionali non più in esercizio, a Milano parte da molto lontano e ha conosciuto accelerazioni e rallentamenti fino ad approdare alla situazione odierna. Si propone pertanto una ricostruzione cronologica del processo – esemplificativo delle difficoltà dei percorsi di rigenerazione urbana e delle modalità di cooperazione inter- istituzionale – che ha portato, nel luglio 2018, alla ratifica dello strumento ad hoc che regolerà la trasformazione delle aree a latere rispetto allo strumento di pianificazione della città (Piano di Governo del Territorio).
2018
Scali ferroviari, rigenerazione urbana, Milano
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11311/1088081
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