Il lavoro di Marco Introini si definisce segnico, ovvero un atlante di segni che si intersecano nel paesaggio della Alta Valle del Tanaro e che trovano epicentro in Ormea e nei suoi dintorni. Una valle dove le infrastrutture naturali ed artificiali si sovrappongono su piani e quote diverse, dal fiume che ne segna radicalmente la geografia, sia nei periodi di calma sia durante gli episodi alluvionali, fino al potente emergere tra i boschi della ferrovia Ceva-Ormea. Il fotografo come lo scrittore e il camminatore sono gli esploratori contemporanei del territorio che viene descritto con la parola scritta e visiva. Introini, formatosi al Politecnico di Milano, ha sempre avuto una predilezione per i segni, non solo quelli fisici che si ritrovano attraversando una valle, bensì quelli che lui traccia sul foglio bianco come annotazioni a schizzo dei luoghi in una modalità simile ai geografi. L’intento é chiaro, mappare il territorio e restituirlo con la fotografia rigorosa del grande formato del banco ottico in bianconero, erede dei pionieri che facevano su e giù per le montagne delle monumentali valli americane. In questo ragionamento il lavoro di Introini per Nasagonando Art Project si concentra, come in una pittura segnica degli anni sessanta, su elementi caratterizzanti il territorio, tra ferrovia, statale del Colle di Nava e montagne. Una analisi più approfondita porta alla luce una serie di sottotemi. Il fiume si porta il sottotema dei canali e delle chiuse, la ferrovia si relaziona con il suo tracciato e le piccole stazioni, i terrazzamenti dialogano con le cave e poi le presenze di archeologia industriale riassunte nel complesso monumentale della ex Cartiera di Ormea. Questo progetto definisce la geografia contemporanea della Valle del Tanaro, eleggendo il fiume come matrice da cui tutto parte, bellezza e distruzione nei momenti in cui si ribella e si allarga alla ricerca di spazio, riproponendo, nell’installazione fotografica pensata per il Deposito ferroviario, un dialogo con l’installazione permanente Tòn-No (Tanaro) di Alessandro Chiossone e Roberta Volpone.

Marco Introini, Ormea, segni del paesaggio

marco introini
2018-01-01

Abstract

Il lavoro di Marco Introini si definisce segnico, ovvero un atlante di segni che si intersecano nel paesaggio della Alta Valle del Tanaro e che trovano epicentro in Ormea e nei suoi dintorni. Una valle dove le infrastrutture naturali ed artificiali si sovrappongono su piani e quote diverse, dal fiume che ne segna radicalmente la geografia, sia nei periodi di calma sia durante gli episodi alluvionali, fino al potente emergere tra i boschi della ferrovia Ceva-Ormea. Il fotografo come lo scrittore e il camminatore sono gli esploratori contemporanei del territorio che viene descritto con la parola scritta e visiva. Introini, formatosi al Politecnico di Milano, ha sempre avuto una predilezione per i segni, non solo quelli fisici che si ritrovano attraversando una valle, bensì quelli che lui traccia sul foglio bianco come annotazioni a schizzo dei luoghi in una modalità simile ai geografi. L’intento é chiaro, mappare il territorio e restituirlo con la fotografia rigorosa del grande formato del banco ottico in bianconero, erede dei pionieri che facevano su e giù per le montagne delle monumentali valli americane. In questo ragionamento il lavoro di Introini per Nasagonando Art Project si concentra, come in una pittura segnica degli anni sessanta, su elementi caratterizzanti il territorio, tra ferrovia, statale del Colle di Nava e montagne. Una analisi più approfondita porta alla luce una serie di sottotemi. Il fiume si porta il sottotema dei canali e delle chiuse, la ferrovia si relaziona con il suo tracciato e le piccole stazioni, i terrazzamenti dialogano con le cave e poi le presenze di archeologia industriale riassunte nel complesso monumentale della ex Cartiera di Ormea. Questo progetto definisce la geografia contemporanea della Valle del Tanaro, eleggendo il fiume come matrice da cui tutto parte, bellezza e distruzione nei momenti in cui si ribella e si allarga alla ricerca di spazio, riproponendo, nell’installazione fotografica pensata per il Deposito ferroviario, un dialogo con l’installazione permanente Tòn-No (Tanaro) di Alessandro Chiossone e Roberta Volpone.
2018
architectural representation
landscape representation
architectural photography
architectural representation
rappresentazione del paesaggio
rappresentazione dell'architettura
fotografia di architettura
fotografia di paesaggio
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