Come scrisse Jacques Monodi, è tempo che ci assumiamo i rischi dell’avventura umana. Sembra un paradosso, ma il terremoto con le vittime e i disastri che ha provocato, materiali e immateriali, ci offre la possibilità di ripensare gli insediamenti umani. Non basta più edificare, bisogna sapere perché e come, e quali saranno gli effetti: imparare a fare bene. Non è più pensabile il continuare a perpetrare azioni di “rattoppo” casuale su case e infrastrutture, e al tempo stesso non immaginare che ciò sia senza conseguenze. Non è più credibile la deresponsabilizzazione di chi governa ma neppure quella dei cittadini e dei tecnici: è necessario costruire innanzitutto una comunità sinergiva (sinergica e attiva), con il motto invest now or pay later! Il terremoto ci mostra nei resti in modo imbarazzante che abbiamo sbagliato: sono errori importanti, le ferite evidenziano la distanza dal sapere (e dal vedere?) che è stato disatteso, forse anche fagocitati da una burocrazia talmente complessa che non ci permette, a volte, di individuare la giusta via e imbracciare quel buon senso che sta alla base della stessa esistenza di una comunità? L’Italia è costituita da una rete di centri minori, solo in termini di estensione, che conservano nelle evidenze del costruito e nel rapporto con il contesto la conoscenza formatasi nel tempo, e che ha permesso di resistere nei secoli, per difendersi dalle calamità, dal degrado e dall’imbarbarimento individuale e sociale. Per questo ora dobbiamo rimboccarci le maniche e costruire il futuro. E per fare questo è necessario eliminare del tutto il concetto della precarietà, instaurare rapporti responsabili tra governance e cittadini in modo che si costituisca un corpo unico capace di agire in modo concreto e adeguato al territorio che abita. Serve un progetto vero, dove l’architettura ha un ruolo ben definito, e in cui l’eredità storica conta nelle scelte strategiche, per uno sviluppo costruttivo e felice, dove le persone hanno valore.
Dal disastro allo sviluppo: strategie possibili per una comunità sinergiva.
Lucia Krasovec Lucas
In corso di stampa
Abstract
Come scrisse Jacques Monodi, è tempo che ci assumiamo i rischi dell’avventura umana. Sembra un paradosso, ma il terremoto con le vittime e i disastri che ha provocato, materiali e immateriali, ci offre la possibilità di ripensare gli insediamenti umani. Non basta più edificare, bisogna sapere perché e come, e quali saranno gli effetti: imparare a fare bene. Non è più pensabile il continuare a perpetrare azioni di “rattoppo” casuale su case e infrastrutture, e al tempo stesso non immaginare che ciò sia senza conseguenze. Non è più credibile la deresponsabilizzazione di chi governa ma neppure quella dei cittadini e dei tecnici: è necessario costruire innanzitutto una comunità sinergiva (sinergica e attiva), con il motto invest now or pay later! Il terremoto ci mostra nei resti in modo imbarazzante che abbiamo sbagliato: sono errori importanti, le ferite evidenziano la distanza dal sapere (e dal vedere?) che è stato disatteso, forse anche fagocitati da una burocrazia talmente complessa che non ci permette, a volte, di individuare la giusta via e imbracciare quel buon senso che sta alla base della stessa esistenza di una comunità? L’Italia è costituita da una rete di centri minori, solo in termini di estensione, che conservano nelle evidenze del costruito e nel rapporto con il contesto la conoscenza formatasi nel tempo, e che ha permesso di resistere nei secoli, per difendersi dalle calamità, dal degrado e dall’imbarbarimento individuale e sociale. Per questo ora dobbiamo rimboccarci le maniche e costruire il futuro. E per fare questo è necessario eliminare del tutto il concetto della precarietà, instaurare rapporti responsabili tra governance e cittadini in modo che si costituisca un corpo unico capace di agire in modo concreto e adeguato al territorio che abita. Serve un progetto vero, dove l’architettura ha un ruolo ben definito, e in cui l’eredità storica conta nelle scelte strategiche, per uno sviluppo costruttivo e felice, dove le persone hanno valore.File | Dimensione | Formato | |
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