Nella discussione sul destino delle aree industriali dismesse, la dialettica non solo fra costruzione, demolizione e riuso ma anche tra appartenenza, obsolescenza e mutazione è stata affrontata attraverso il ricorso alla metafora archeologica. Alla base si trova un’idea di spazio come entità complessa, deposito stratificato di tracce, indizi, iscrizioni e cancellazioni, rispetto al quale l’architettura è chiamata ad ampliare lo sguardo per coinvolgere la ricerca storica, antropologica, geografica ed estetica intorno all’interrogativo sul senso delle trasformazioni riguardate in un tempo lungo e in una prospettiva ampia. La metafora archeologica ha fornito gli strumenti per rinnovare quella relazione tra conoscenza (critica) e progetto, attraverso la quale rifondare gli strumenti dell’architettura e dell’urbanistica. Il saggio ricostruisce in quale modo l’idea di palinsesto, affermatasi nell’ambito di una linea di ricerca inaugurata dal noto saggio di Andrè Corboz ha alimentato il costituirsi di nuove modalità di descrizione e progettazione dei territori abbandonati. Collocandosi saldamente entro un approccio che riprende la tradizione degli studi morfologici sulle strutture insediative, per l’architettura la metafora del palinsesto invoca sempre il progetto come decifrazione e nuova scrittura, entro un processo che si compie in una precisa intenzione progettuale, allo stesso tempo trasformazione fisica e costruzione di senso. Da un lato l’utilizzo della metafora del palinsesto è efficace in relazione alla condizione di crisi nei meccanismi di rappresentazione del mondo naturale, rappresentazione che si è dimostrata sempre influenzata dalle diverse proiezioni culturali sulla cosa in sé, causa principale della polisemia del termine stesso di paesaggio. Dall’altro è efficace per dar conto della stratificazione dei sistemi naturali nell’ambito dei processi ecologici, sia lungo la linea temporale delle trasformazioni, sia nella profondità delle possibili sezioni che attraversano sistemi concorrenti. Ma il concetto di palinsesto ha trovato un nuovo ambito di indagine soprattutto nella dialettica tra l’ecologia riconducibile al campo delle scienze naturali, da un lato, e l’ecologia culturale, riconducibile al campo delle scienze etnoantropologiche dall’altro. In questo ambito è emerso come la dimensione culturale costituisca un aspetto essenziale per lo studio dell’ecologia del paesaggio in quanto fattore che orienta in modo determinante le trasformazioni dell’ambiente fisico verso sviluppi più o meno sostenibili:

Il progetto di paesaggio nei luoghi abbandonati della città

S. Protasoni
2017-01-01

Abstract

Nella discussione sul destino delle aree industriali dismesse, la dialettica non solo fra costruzione, demolizione e riuso ma anche tra appartenenza, obsolescenza e mutazione è stata affrontata attraverso il ricorso alla metafora archeologica. Alla base si trova un’idea di spazio come entità complessa, deposito stratificato di tracce, indizi, iscrizioni e cancellazioni, rispetto al quale l’architettura è chiamata ad ampliare lo sguardo per coinvolgere la ricerca storica, antropologica, geografica ed estetica intorno all’interrogativo sul senso delle trasformazioni riguardate in un tempo lungo e in una prospettiva ampia. La metafora archeologica ha fornito gli strumenti per rinnovare quella relazione tra conoscenza (critica) e progetto, attraverso la quale rifondare gli strumenti dell’architettura e dell’urbanistica. Il saggio ricostruisce in quale modo l’idea di palinsesto, affermatasi nell’ambito di una linea di ricerca inaugurata dal noto saggio di Andrè Corboz ha alimentato il costituirsi di nuove modalità di descrizione e progettazione dei territori abbandonati. Collocandosi saldamente entro un approccio che riprende la tradizione degli studi morfologici sulle strutture insediative, per l’architettura la metafora del palinsesto invoca sempre il progetto come decifrazione e nuova scrittura, entro un processo che si compie in una precisa intenzione progettuale, allo stesso tempo trasformazione fisica e costruzione di senso. Da un lato l’utilizzo della metafora del palinsesto è efficace in relazione alla condizione di crisi nei meccanismi di rappresentazione del mondo naturale, rappresentazione che si è dimostrata sempre influenzata dalle diverse proiezioni culturali sulla cosa in sé, causa principale della polisemia del termine stesso di paesaggio. Dall’altro è efficace per dar conto della stratificazione dei sistemi naturali nell’ambito dei processi ecologici, sia lungo la linea temporale delle trasformazioni, sia nella profondità delle possibili sezioni che attraversano sistemi concorrenti. Ma il concetto di palinsesto ha trovato un nuovo ambito di indagine soprattutto nella dialettica tra l’ecologia riconducibile al campo delle scienze naturali, da un lato, e l’ecologia culturale, riconducibile al campo delle scienze etnoantropologiche dall’altro. In questo ambito è emerso come la dimensione culturale costituisca un aspetto essenziale per lo studio dell’ecologia del paesaggio in quanto fattore che orienta in modo determinante le trasformazioni dell’ambiente fisico verso sviluppi più o meno sostenibili:
2017
Il paesaggio al centro. Integrazione tra discipline
978-88-6242-261-1
Aree dismesse, progetto, paesaggio, palinsesto, modificazione, natura/cultura, cura,
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11311/1047421
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