A partire dal background interdisciplinare delle autrici (design e critica d’arte), il saggio intende concentrarsi su quelle installazioni spaziali che si esprimono attraverso la scelta della monocromia come chiave provocatoria volta a generare interferenze estetiche. Viene proposta una rilettura critico-interpretativa di alcuni casi artistico-progettuali in cui la monocromia risulta essere la cifra distintiva di scelte concettuali volte a rappresentare diversi atteggiamenti progettuali. Esiste una storia (dal XX secolo) legata al Monocromo e nasce in relazione alla superficie cromatica (si pensi agli astrattisti da Malevic a Mondrian, da Fontana a Klein, ai Minimalisti) secondo un approccio filosofico e teorico in relazione alle temperie culturali di quei momenti. Poi il colore ha assunto una forma plastica oltre la tela e una aspirazione “a forzare o trasformare l’identità della superficie (…) e può anche rivestire i caratteri di uno scontro fra pittura e scultura.” [1] Numerosi artisti e designer sono di recente intervenuti sullo spazio usando un unico colore in modo totale: dalla copertura del suolo pubblico della Piazza di San Gallo in Svizzera con una coltre di omogeneo tartan rosso creando un interno urbano “fuori luogo”, quasi domestico (Pippilotti Rist e Carlos Martinez); ai provocatori rivestimenti in carta gialla di tutte le insegne commerciali e stradali delle più importanti vie dello shopping europee (Delete! di Steinbrener e Dempf) fino alle bianche smaterializzazioni astratte e metafisiche della Laurie Mallet House a New York che comunicano “spazi assenti” e “presenze fantasma” (Site) od oggetti decolorati in spazi candidi come quelli di Loris Cecchini. Il Monocromo -quindi- come indicatore di diversi atteggiamenti progettuali ed estetici quali: il Nascondere, l’Astrarre, l’Uniformare, l’Interferire. Queste, alcune delle possibili categorie interpretative con cui dare rilievo ad espressioni spaziali provocatorie e disorientanti. Quello che ne emerge è un variegato paesaggio di installazioni monocrome, uno spazio metaforico e immaginifico che mette in crisi il concetto di funzione e che si avvale di rigorose regole percettive per proiettare il fruitore/visitatore/abitante in un mondo “altro” in cui il disorientamento è una prassi e l’interferenza un’opportunità per ri-significare lo spazio circostante.

Monocromi: provocazioni estetiche tra arte e design

TROCCHIANESI, RAFFAELLA;MAZZANTI, ANNA
2016-01-01

Abstract

A partire dal background interdisciplinare delle autrici (design e critica d’arte), il saggio intende concentrarsi su quelle installazioni spaziali che si esprimono attraverso la scelta della monocromia come chiave provocatoria volta a generare interferenze estetiche. Viene proposta una rilettura critico-interpretativa di alcuni casi artistico-progettuali in cui la monocromia risulta essere la cifra distintiva di scelte concettuali volte a rappresentare diversi atteggiamenti progettuali. Esiste una storia (dal XX secolo) legata al Monocromo e nasce in relazione alla superficie cromatica (si pensi agli astrattisti da Malevic a Mondrian, da Fontana a Klein, ai Minimalisti) secondo un approccio filosofico e teorico in relazione alle temperie culturali di quei momenti. Poi il colore ha assunto una forma plastica oltre la tela e una aspirazione “a forzare o trasformare l’identità della superficie (…) e può anche rivestire i caratteri di uno scontro fra pittura e scultura.” [1] Numerosi artisti e designer sono di recente intervenuti sullo spazio usando un unico colore in modo totale: dalla copertura del suolo pubblico della Piazza di San Gallo in Svizzera con una coltre di omogeneo tartan rosso creando un interno urbano “fuori luogo”, quasi domestico (Pippilotti Rist e Carlos Martinez); ai provocatori rivestimenti in carta gialla di tutte le insegne commerciali e stradali delle più importanti vie dello shopping europee (Delete! di Steinbrener e Dempf) fino alle bianche smaterializzazioni astratte e metafisiche della Laurie Mallet House a New York che comunicano “spazi assenti” e “presenze fantasma” (Site) od oggetti decolorati in spazi candidi come quelli di Loris Cecchini. Il Monocromo -quindi- come indicatore di diversi atteggiamenti progettuali ed estetici quali: il Nascondere, l’Astrarre, l’Uniformare, l’Interferire. Queste, alcune delle possibili categorie interpretative con cui dare rilievo ad espressioni spaziali provocatorie e disorientanti. Quello che ne emerge è un variegato paesaggio di installazioni monocrome, uno spazio metaforico e immaginifico che mette in crisi il concetto di funzione e che si avvale di rigorose regole percettive per proiettare il fruitore/visitatore/abitante in un mondo “altro” in cui il disorientamento è una prassi e l’interferenza un’opportunità per ri-significare lo spazio circostante.
2016
Colore e Colorimetria. Contributi Multidisciplinari. Vol. XII A
978-88-99513-03-0
arte&design, installazioni, interior design
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11311/1019309
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