Durante il XIX secolo la progressiva perdita di forza della modellistica tradizionale e il recupero orgoglioso della tradizione cinquecentesca locale pare accomunare l’architettura genovese a quella di altre città dalla viva tradizione accademica, prossime a divenire parte del nascente Regno d’Italia. Quali furono i modelli adottati all’inizio dell’Ottocento da Carlo Barabino, protagonista dell’architettura genovese della prima metà del secolo, e dagli architetti a lui sodali? Quali le opere che più di altre esercitarono un’influenza paragonabile a quella degli antichi exempla? E quali i contenuti del dibattito che condusse alcuni a rivolgere la propria attenzione altrove, emulando gli architetti del Cinquecento locale, soprattutto Galeazzo Alessi? È infine possibile ipotizzare una relazione fra la mutazione dei modelli in architettura, l’atteggiamento impiegato nel reperirli e nell’adottarli, e le trasformazioni epocali a cui lo statuto stesso dell’architetto e dell’ingegnere furono sottoposte? Grazie alle parole di alcuni protagonisti, la pervicace ricerca di una identità specifica e distintiva dell’architettura locale è riletta come un tentativo di porre rimedio al progressivo svuotamento della tradizione accademica. Attraverso documenti provenienti dagli archivi genovesi e da quello di Ignazio Gardella, «il discepolo insieme più fedele e originale del Barabino», il saggio documenta l’influenza degli insegnamenti accademici e la circolazione di modelli a stampa, illustrando alcuni aspetti del dibattito artistico sorto a Genova dopo la scomparsa di Barabino
Exempla, modelli e invenzioni nell'architettura genovese dell'Ottocento
POLI, STEFANO
2013-01-01
Abstract
Durante il XIX secolo la progressiva perdita di forza della modellistica tradizionale e il recupero orgoglioso della tradizione cinquecentesca locale pare accomunare l’architettura genovese a quella di altre città dalla viva tradizione accademica, prossime a divenire parte del nascente Regno d’Italia. Quali furono i modelli adottati all’inizio dell’Ottocento da Carlo Barabino, protagonista dell’architettura genovese della prima metà del secolo, e dagli architetti a lui sodali? Quali le opere che più di altre esercitarono un’influenza paragonabile a quella degli antichi exempla? E quali i contenuti del dibattito che condusse alcuni a rivolgere la propria attenzione altrove, emulando gli architetti del Cinquecento locale, soprattutto Galeazzo Alessi? È infine possibile ipotizzare una relazione fra la mutazione dei modelli in architettura, l’atteggiamento impiegato nel reperirli e nell’adottarli, e le trasformazioni epocali a cui lo statuto stesso dell’architetto e dell’ingegnere furono sottoposte? Grazie alle parole di alcuni protagonisti, la pervicace ricerca di una identità specifica e distintiva dell’architettura locale è riletta come un tentativo di porre rimedio al progressivo svuotamento della tradizione accademica. Attraverso documenti provenienti dagli archivi genovesi e da quello di Ignazio Gardella, «il discepolo insieme più fedele e originale del Barabino», il saggio documenta l’influenza degli insegnamenti accademici e la circolazione di modelli a stampa, illustrando alcuni aspetti del dibattito artistico sorto a Genova dopo la scomparsa di BarabinoFile | Dimensione | Formato | |
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