Ritengo che il fondamento, la chiave di lettura di ogni progetto di Antonio Piva sia da ricercare non solo nell’ambito della grande tradizione metodologica ereditata da Franco Albini e Franca Helg, ma soprattutto nella complessa ricerca afferente al concetto di interdisciplinarietà. Scrive Piva che l’acquisizione di tale metodo risale agli anni della formazione universitaria e alla lezione didattica di Giancarlo De Carlo che «Era solito invitare specialisti di altre discipline che avevano il compito di farci capire come il progetto fosse il risultato spaziale della conoscenza dei problemi specifici, in prima battuta, e come il progetto dovesse essere sostenuto da una cultura a tutto tondo, costruita da pensieri che diventano forma e linguaggio. L’influenza di musica, teatro, poesia e tutte le arti che sino ad allora potevano sembrare espressioni indipendenti ed estranee all’architettura, venivano legate in modo conseguente dal tempo e dalla vitalità di un’epoca […]. I tempi richiedono sempre una propria espressione che va ricercata interpretando i cambiamenti ciascuno con i propri mezzi e linguaggi» . Ogni progetto di Piva è contraddistinto dalla preliminare formazione di gruppi di lavoro che riuniscono esponenti di spicco relativi a differenti discipline; ritroviamo questi apporti interdisciplinari nei progetti con modalità che non riducono i singoli contributi a una sterile e asettica sommatoria di frammenti “colti” e “di facciata”, bensì traducono costantemente i suggerimenti provenienti da discipline non propriamente architettoniche in progetti complessi che sottendono un’idea forte e contemporanea tradotta negli elementi specifici che compongono l’architettura. Penso che nel metodo descritto sia sotteso il reale, sincero ed efficace significato della parola Composizione. Nel testo mi riferisco solo ad alcuni progetti che mi permettono di individuare due “serie di variazioni”, nel segno della evidente continuità con l’insegnamento di Albini ed Helg e un tema – il museo, la città e di conseguenza il territorio – che riassume in modo emblematico il metodo di Piva espresso – non necessariamente in questo ordine – dal dettaglio, allo spazio, alla città, al territorio, al paesaggio, alla società.

Progetti e percorsi

PRINA, VITTORIO
2011-01-01

Abstract

Ritengo che il fondamento, la chiave di lettura di ogni progetto di Antonio Piva sia da ricercare non solo nell’ambito della grande tradizione metodologica ereditata da Franco Albini e Franca Helg, ma soprattutto nella complessa ricerca afferente al concetto di interdisciplinarietà. Scrive Piva che l’acquisizione di tale metodo risale agli anni della formazione universitaria e alla lezione didattica di Giancarlo De Carlo che «Era solito invitare specialisti di altre discipline che avevano il compito di farci capire come il progetto fosse il risultato spaziale della conoscenza dei problemi specifici, in prima battuta, e come il progetto dovesse essere sostenuto da una cultura a tutto tondo, costruita da pensieri che diventano forma e linguaggio. L’influenza di musica, teatro, poesia e tutte le arti che sino ad allora potevano sembrare espressioni indipendenti ed estranee all’architettura, venivano legate in modo conseguente dal tempo e dalla vitalità di un’epoca […]. I tempi richiedono sempre una propria espressione che va ricercata interpretando i cambiamenti ciascuno con i propri mezzi e linguaggi» . Ogni progetto di Piva è contraddistinto dalla preliminare formazione di gruppi di lavoro che riuniscono esponenti di spicco relativi a differenti discipline; ritroviamo questi apporti interdisciplinari nei progetti con modalità che non riducono i singoli contributi a una sterile e asettica sommatoria di frammenti “colti” e “di facciata”, bensì traducono costantemente i suggerimenti provenienti da discipline non propriamente architettoniche in progetti complessi che sottendono un’idea forte e contemporanea tradotta negli elementi specifici che compongono l’architettura. Penso che nel metodo descritto sia sotteso il reale, sincero ed efficace significato della parola Composizione. Nel testo mi riferisco solo ad alcuni progetti che mi permettono di individuare due “serie di variazioni”, nel segno della evidente continuità con l’insegnamento di Albini ed Helg e un tema – il museo, la città e di conseguenza il territorio – che riassume in modo emblematico il metodo di Piva espresso – non necessariamente in questo ordine – dal dettaglio, allo spazio, alla città, al territorio, al paesaggio, alla società.
2011
Antonio Piva. Architettura e cultura del progetto
9788849220995
Piva; Albini; Helg; Metropolitana; gipsoteca; museo; città; archeologia; centro turistico; scuola; cenro termale; Villa Reale Monza; Arsenale Militare Verona; museo civico Cremona; museo diocesano Milano; chiostri SAnt'Eustorgio; restauro; continuità
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11311/670149
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