Nella letteratura e nella progettazione corrente, soprattutto di matrice anglosassone, strada, piazza, percorso sembrano costituire gli attori principali di una disciplina autonoma l’Urban Design che, a cavallo tra architettura e pianificazione, prosegue la linea di lavoro inaugurata alla fine del secolo da Camillo Sitte. Poiché ne L’arte di costruire le città, i tracciati urbani sono intesi come puro fatto tecnico - la rete viaria -, Sitte individua le leggi della costruzione e della forma della città nella “bellezza” di “ciò che può essere abbracciato con lo sguardo, cioè la singola strada, la singola piazza” . Se la ricerca di “artisticità” di Sitte - intesa come ricerca di figurabilità -, vale per il suo empirismo e per la contrapposizione al carattere bi-dimensionale di certa strumentazione tecnica dell’urbanistica, tuttavia - come osserva Le Corbusier - essa "confonde il gusto del pittoresco con le leggi che garantiscono la vitalità di una città" . Sotteso alla sua lezione, vi è l’equivoco che la città sia riducibile a singoli episodi artistici eccezionali , mentre nella “grande casa” - secondo la nota definizione albertiana - le leggi che presiedono alla composizione tra i diversi “oggetti” non risiedono nelle singole parti, ma nel rapporto di queste con il tutto. L'impianto complessivo che ne deriva è infinitamente più importante delle singole parti: anche i tracciati, la topografia, l’orografia, insieme alla scena fissa dell’architettura, concorrono, in sostanza, a definire il paesaggio, quell’“immenso deposito di fatiche” che, come ha scritto Carlo Cattaneo, “per nove decimi non è opera della natura, è opera delle nostre mani; è una patria artificiale” . In questo senso, considerando il paesaggio nella sua natura antropizzata, la strada diviene l’atto iniziale di una trasformazione che modella l’ambiente dell’uomo e si fonda, innanzitutto, sul valore di elemento di connessione, di tramite delle relazioni e degli scambi - quel concedere la Strada inteso, ad esempio, come libertà di commercio all’indomani della Pace di Costanza - che sono poi il dato fondativo della centralità della città, ovvero l’origine del suo decollo o della sua decadenza. Per altro verso, l’astratta contrapposizione tra composizione per vuoti come modalità specifica dell’Urban Design, in cui lo spazio pubblico, esso stesso elemento positivo, relega l’architettura a sua cornice bidimensionale e composizione per oggetti tridimensionali, in cui, viceversa, lo spazio pubblico rimane uno sfondo ritagliato dagli elementi architettonici, ci sembra ridurre la complessità della progettazione a scala urbana ad aspetti “di cucina” definibili a priori e indipendentemente dal contesto. Inoltre, tale interpretazione prospetta, per entrambe le modalità compositive, la separazione tra disegno dell’architettura e disegno della strada o dello spazio urbano, alternativamente ridotti a giocare un ruolo passivo di sfondo . In questo contributo, a partire dal riconoscimento della “funzione insediativa” della strada, si propone una lettura dei caratteri propri dell’accessibilità non da un punto di vista tecnico e specialistico ma, al contrario, ricercandone la trasfigurazione degli aspetti strutturali in termini di paesaggio e di architettura. Attraverso il montaggio di sei “tipologie insediative” della strada, intese quali successivi punti di stazione (1. La strada che viene “da fuori e dal lungi”; 2. La strada nella città su più livelli; 3. La strada tra machine à circuler e community room; 4. La strada nuova e vitale; 5. La strada come percorso organizzato; 6. La strada come manufatto costruito), ci proponiamo di esplorare, rivelandolo gradualmente, un punto di vista che considera il progetto come pronunciamento sui caratteri insediativi del contesto e interpreta i temi di strada e percorso coinvolgendoli nella costruzione tridimensionale del paesaggio. Si escludono, pertanto, i progetti che si affidano all’”illusione delle piante” - ovvero la composizione a scala urbana affidata al “bel piano” -, privilegiando, invece, nel nostro montaggio alcuni esempi determinati dal confronto con gli aspetti “dinamici” e le “linee di forza” che agiscono su un dato insediamento, e dove tracciato e percorso, concepiti tridimensionalmente, si fanno da subito disegno di paesaggio e progetto di architettura. Trasversalmente ai temi generali, è possibile riconoscere, inoltre, alcune modalità compositive così sintetizzabili: la strada come percorso costruito continuo e articolato su differenti livelli, dove la strada stessa è l’oggetto della costruzione; il percorso come successione di elementi architettonici puntiformi, fisicamente discontinui ma organizzati secondo una sequenza narrativa o lungo una via dello scambio; la strada come stanza all’aperto, dove la lettura del vuoto prevale e determina il pieno.

La Strada tra invenzione tipologica e costruzione del paesaggio

PEZZETTI, LAURA ANNA
2001-01-01

Abstract

Nella letteratura e nella progettazione corrente, soprattutto di matrice anglosassone, strada, piazza, percorso sembrano costituire gli attori principali di una disciplina autonoma l’Urban Design che, a cavallo tra architettura e pianificazione, prosegue la linea di lavoro inaugurata alla fine del secolo da Camillo Sitte. Poiché ne L’arte di costruire le città, i tracciati urbani sono intesi come puro fatto tecnico - la rete viaria -, Sitte individua le leggi della costruzione e della forma della città nella “bellezza” di “ciò che può essere abbracciato con lo sguardo, cioè la singola strada, la singola piazza” . Se la ricerca di “artisticità” di Sitte - intesa come ricerca di figurabilità -, vale per il suo empirismo e per la contrapposizione al carattere bi-dimensionale di certa strumentazione tecnica dell’urbanistica, tuttavia - come osserva Le Corbusier - essa "confonde il gusto del pittoresco con le leggi che garantiscono la vitalità di una città" . Sotteso alla sua lezione, vi è l’equivoco che la città sia riducibile a singoli episodi artistici eccezionali , mentre nella “grande casa” - secondo la nota definizione albertiana - le leggi che presiedono alla composizione tra i diversi “oggetti” non risiedono nelle singole parti, ma nel rapporto di queste con il tutto. L'impianto complessivo che ne deriva è infinitamente più importante delle singole parti: anche i tracciati, la topografia, l’orografia, insieme alla scena fissa dell’architettura, concorrono, in sostanza, a definire il paesaggio, quell’“immenso deposito di fatiche” che, come ha scritto Carlo Cattaneo, “per nove decimi non è opera della natura, è opera delle nostre mani; è una patria artificiale” . In questo senso, considerando il paesaggio nella sua natura antropizzata, la strada diviene l’atto iniziale di una trasformazione che modella l’ambiente dell’uomo e si fonda, innanzitutto, sul valore di elemento di connessione, di tramite delle relazioni e degli scambi - quel concedere la Strada inteso, ad esempio, come libertà di commercio all’indomani della Pace di Costanza - che sono poi il dato fondativo della centralità della città, ovvero l’origine del suo decollo o della sua decadenza. Per altro verso, l’astratta contrapposizione tra composizione per vuoti come modalità specifica dell’Urban Design, in cui lo spazio pubblico, esso stesso elemento positivo, relega l’architettura a sua cornice bidimensionale e composizione per oggetti tridimensionali, in cui, viceversa, lo spazio pubblico rimane uno sfondo ritagliato dagli elementi architettonici, ci sembra ridurre la complessità della progettazione a scala urbana ad aspetti “di cucina” definibili a priori e indipendentemente dal contesto. Inoltre, tale interpretazione prospetta, per entrambe le modalità compositive, la separazione tra disegno dell’architettura e disegno della strada o dello spazio urbano, alternativamente ridotti a giocare un ruolo passivo di sfondo . In questo contributo, a partire dal riconoscimento della “funzione insediativa” della strada, si propone una lettura dei caratteri propri dell’accessibilità non da un punto di vista tecnico e specialistico ma, al contrario, ricercandone la trasfigurazione degli aspetti strutturali in termini di paesaggio e di architettura. Attraverso il montaggio di sei “tipologie insediative” della strada, intese quali successivi punti di stazione (1. La strada che viene “da fuori e dal lungi”; 2. La strada nella città su più livelli; 3. La strada tra machine à circuler e community room; 4. La strada nuova e vitale; 5. La strada come percorso organizzato; 6. La strada come manufatto costruito), ci proponiamo di esplorare, rivelandolo gradualmente, un punto di vista che considera il progetto come pronunciamento sui caratteri insediativi del contesto e interpreta i temi di strada e percorso coinvolgendoli nella costruzione tridimensionale del paesaggio. Si escludono, pertanto, i progetti che si affidano all’”illusione delle piante” - ovvero la composizione a scala urbana affidata al “bel piano” -, privilegiando, invece, nel nostro montaggio alcuni esempi determinati dal confronto con gli aspetti “dinamici” e le “linee di forza” che agiscono su un dato insediamento, e dove tracciato e percorso, concepiti tridimensionalmente, si fanno da subito disegno di paesaggio e progetto di architettura. Trasversalmente ai temi generali, è possibile riconoscere, inoltre, alcune modalità compositive così sintetizzabili: la strada come percorso costruito continuo e articolato su differenti livelli, dove la strada stessa è l’oggetto della costruzione; il percorso come successione di elementi architettonici puntiformi, fisicamente discontinui ma organizzati secondo una sequenza narrativa o lungo una via dello scambio; la strada come stanza all’aperto, dove la lettura del vuoto prevale e determina il pieno.
2001
S.S.9 Via Emilia. Progetti Architettonici e nuovi luoghi lungo la via Emilia tra città e città
8886116446
urban design; strada; invenzione tipologica; paesaggio delle infrastrutture
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11311/657858
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