I lavori che vengono presentati in questa ricerca sono il frutto del Laboratori di Rappresentazione e Progettazione Architettonica, del primo e del secondo anno, della Scuola di Architettura e Società afferente il Politecnico di Milano. La riflessione che li permea proviene dalla necessità di raccontare i luoghi dell’architettura, e le architetture ovviamente, attraverso questo occhio attento a raccogliere i dati sensibili, quasi sentimentali, del paesaggio italiano, senza perdere di rigore scientifico nelle misurazioni e nella rappresentazione. Ma oggetto dell’interesse di questi studi non sono stati i mezzi e la loro pruriginosa esibizione – oggi tanto di moda, fra scanner tridimensionali e foto-restitutori – ma l’architettura dei luoghi, colta e guardata con un mezzo in più (peraltro non così nuovo), e cioè la fotografia applicata alle proiezioni ortogonali dei prospetti, delle sezioni, e talvolta delle piante. I mezzi utilizzati per i rilievi e per i grafici sono quelli divenuti comuni negli studi professionali, presenti ormai ovunque negli atelier di architettura e ingegneria che si occupano di recupero e restauro del costruito. Mezzi e strumenti il cui uso è abituale da circa venti anni, ma in molti casi senza un orientamento disciplinare e metodologico che ne indicasse l’utilizzo dedicato… come se fosse stata data in mano ad un bambino una semplice matita e, per ovvie mancanze formative, il fanciullo la utilizzasse solo per fare degli scarabocchi. Il computer ed i suoi software sono solo mezzi, mezzi per disegnare che hanno preso il posto dei tecnigrafi, delle righe e delle squadre; occorre una formazione precisa per disegnare edifici anziché imbarcazioni, anziché componentistica meccanica, anziché modelli per abiti. E’ un problema legato al fine e non al mezzo; ecco perché utilizzare i software in circolazione da vent’anni anziché continuare a specializzarsi su nuovi strumenti informatici, su “nuovi mezzi”, che in questi ultimi due decenni hanno sostituito per interesse il fine della ricerca divenendo autoreferenziali. La rivoluzione informatica è compiuta, ora basta, occorre tornare al nocciolo del nostro impegno, all’architettura. Scriveva R. Longhi in un suo bel saggio giovanile: “Ma la tecnica comincia e finisce quando i colori sono stati comperati dal droghiere, quando la colla è pronta, quando il blocco di marmo è misurato. Vi ho mai parlato della bellezza dei colori minerali rispetto ai vegetali, forse? Questo sarebbe parlare di tecnica. Ma subito dopo comincia l'arte e con l'arte il godimento artistico” .

Fotografia e rilievo, anticipare il progetto / Photography and architectural survey: anticipating the design

BIANCHI, ALESSANDRO
2011-01-01

Abstract

I lavori che vengono presentati in questa ricerca sono il frutto del Laboratori di Rappresentazione e Progettazione Architettonica, del primo e del secondo anno, della Scuola di Architettura e Società afferente il Politecnico di Milano. La riflessione che li permea proviene dalla necessità di raccontare i luoghi dell’architettura, e le architetture ovviamente, attraverso questo occhio attento a raccogliere i dati sensibili, quasi sentimentali, del paesaggio italiano, senza perdere di rigore scientifico nelle misurazioni e nella rappresentazione. Ma oggetto dell’interesse di questi studi non sono stati i mezzi e la loro pruriginosa esibizione – oggi tanto di moda, fra scanner tridimensionali e foto-restitutori – ma l’architettura dei luoghi, colta e guardata con un mezzo in più (peraltro non così nuovo), e cioè la fotografia applicata alle proiezioni ortogonali dei prospetti, delle sezioni, e talvolta delle piante. I mezzi utilizzati per i rilievi e per i grafici sono quelli divenuti comuni negli studi professionali, presenti ormai ovunque negli atelier di architettura e ingegneria che si occupano di recupero e restauro del costruito. Mezzi e strumenti il cui uso è abituale da circa venti anni, ma in molti casi senza un orientamento disciplinare e metodologico che ne indicasse l’utilizzo dedicato… come se fosse stata data in mano ad un bambino una semplice matita e, per ovvie mancanze formative, il fanciullo la utilizzasse solo per fare degli scarabocchi. Il computer ed i suoi software sono solo mezzi, mezzi per disegnare che hanno preso il posto dei tecnigrafi, delle righe e delle squadre; occorre una formazione precisa per disegnare edifici anziché imbarcazioni, anziché componentistica meccanica, anziché modelli per abiti. E’ un problema legato al fine e non al mezzo; ecco perché utilizzare i software in circolazione da vent’anni anziché continuare a specializzarsi su nuovi strumenti informatici, su “nuovi mezzi”, che in questi ultimi due decenni hanno sostituito per interesse il fine della ricerca divenendo autoreferenziali. La rivoluzione informatica è compiuta, ora basta, occorre tornare al nocciolo del nostro impegno, all’architettura. Scriveva R. Longhi in un suo bel saggio giovanile: “Ma la tecnica comincia e finisce quando i colori sono stati comperati dal droghiere, quando la colla è pronta, quando il blocco di marmo è misurato. Vi ho mai parlato della bellezza dei colori minerali rispetto ai vegetali, forse? Questo sarebbe parlare di tecnica. Ma subito dopo comincia l'arte e con l'arte il godimento artistico” .
2011
Realismo Oggi. Architettura dei Piccoli Centri / Realism now. Architecture of small cities
9788860556462
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11311/606887
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