Sostenibilità, risparmio energetico, cambiamento climatico, consumo del suolo sono divenute questioni cruciali per discutere oggi il posizionamento del discorso dell’architettura in relazione alle trasformazioni in atto alla scala della città, del territorio e del paesaggio, in una condizione nella quale stiamo assistendo a un inatteso “ritorno alla natura” e a una nuova centralità acquisita dai riferimenti al paesaggio in ambiti molto diversificati, dall’architettura all’urbanistica, dalla geografia alla storia all’economia e alle scienze sociali e persino alla psichiatria. “Ritorno alla natura” che si manifesta (per riprendere un recente saggio di Gianfranco Marrone) innanzitutto come “entusiasmo per la natura. Natura da proteggere e vezzeggiare, descrivere e ripensare, a seconda dei gusti di ciascuno, dei valori di tutti, degli interessi della collettività, degli scrupoli dei potenti, dell’intelligenza dei sapienti (…) Un entusiasmo determinato negli intenti ma vago nei contenuti”. Più specificamente, nella discussione intorno a possibilità e responsabilità dell’architettura, questo “ritorno alla natura” (come ha evidenziato Cristina Bianchetti in un suo saggio del 2011) implica spesso la “scoperta della condivisione generata da una fonte energetica ad emissioni zero, entro conquiste di nuove solidarietà, di una dimensione pubblica nei pressi di un orto urbano e di un’identità territoriale entro un capitale simbolico, il cui valore si misura in emissioni di CO2. L’abitare è letteralmente invaso da queste preoccupazioni, fino a definire una sorta di mistica del buon abitare, capace di contagiare progressivamente tutto e creare nuove uniformità: si condividono stili di vita, preoccupazioni ecologiche, ci si sente parte di un tutto. Non c’è bisogno di sottoporre il nuovo sfondo a misura, a vagli critici. Questo sfondo porta con sé i propri parametri di giudizio: quelli di un nuovo funzionalismo dettato dall’ecologia, considerato fortemente auspicabile”. Con buona pace della distinzione proposta da Lewis Mumford negli anni Venti del secolo scorso tra utopie di fuga e utopie di ricostruzione. In questa nuova condizione, per l’architettura (e in particolare per l’architettura del paesaggio) è fondamentale tornare a delineare quali sono le questioni che il progetto è in grado di offrire a una discussione sulla città, il territorio e il paesaggio a partire dall’idea che anche nella condizione attuale lo spazio debba essere compreso come valore etico. Ed è quindi importante che l’individuazione del campo di azione e delle responsabilità da affrontare tornino ad essere oggi un tema da discutere soprattutto in relazione ad alcune indiscutibili urgenze, quali la sicurezza dei territori, la sostenibilità delle trasformazioni che li investono, la salvaguardia della biodiversità, la difesa del suolo e dell’acqua, l’attenuazione dei cambiamenti climatici. Sta emergendo una figura di esperto di paesaggio conteso tra due dimensioni opposte.

Intorno al valore etico del progetto di paesaggio

Sara Protasoni
2020-01-01

Abstract

Sostenibilità, risparmio energetico, cambiamento climatico, consumo del suolo sono divenute questioni cruciali per discutere oggi il posizionamento del discorso dell’architettura in relazione alle trasformazioni in atto alla scala della città, del territorio e del paesaggio, in una condizione nella quale stiamo assistendo a un inatteso “ritorno alla natura” e a una nuova centralità acquisita dai riferimenti al paesaggio in ambiti molto diversificati, dall’architettura all’urbanistica, dalla geografia alla storia all’economia e alle scienze sociali e persino alla psichiatria. “Ritorno alla natura” che si manifesta (per riprendere un recente saggio di Gianfranco Marrone) innanzitutto come “entusiasmo per la natura. Natura da proteggere e vezzeggiare, descrivere e ripensare, a seconda dei gusti di ciascuno, dei valori di tutti, degli interessi della collettività, degli scrupoli dei potenti, dell’intelligenza dei sapienti (…) Un entusiasmo determinato negli intenti ma vago nei contenuti”. Più specificamente, nella discussione intorno a possibilità e responsabilità dell’architettura, questo “ritorno alla natura” (come ha evidenziato Cristina Bianchetti in un suo saggio del 2011) implica spesso la “scoperta della condivisione generata da una fonte energetica ad emissioni zero, entro conquiste di nuove solidarietà, di una dimensione pubblica nei pressi di un orto urbano e di un’identità territoriale entro un capitale simbolico, il cui valore si misura in emissioni di CO2. L’abitare è letteralmente invaso da queste preoccupazioni, fino a definire una sorta di mistica del buon abitare, capace di contagiare progressivamente tutto e creare nuove uniformità: si condividono stili di vita, preoccupazioni ecologiche, ci si sente parte di un tutto. Non c’è bisogno di sottoporre il nuovo sfondo a misura, a vagli critici. Questo sfondo porta con sé i propri parametri di giudizio: quelli di un nuovo funzionalismo dettato dall’ecologia, considerato fortemente auspicabile”. Con buona pace della distinzione proposta da Lewis Mumford negli anni Venti del secolo scorso tra utopie di fuga e utopie di ricostruzione. In questa nuova condizione, per l’architettura (e in particolare per l’architettura del paesaggio) è fondamentale tornare a delineare quali sono le questioni che il progetto è in grado di offrire a una discussione sulla città, il territorio e il paesaggio a partire dall’idea che anche nella condizione attuale lo spazio debba essere compreso come valore etico. Ed è quindi importante che l’individuazione del campo di azione e delle responsabilità da affrontare tornino ad essere oggi un tema da discutere soprattutto in relazione ad alcune indiscutibili urgenze, quali la sicurezza dei territori, la sostenibilità delle trasformazioni che li investono, la salvaguardia della biodiversità, la difesa del suolo e dell’acqua, l’attenuazione dei cambiamenti climatici. Sta emergendo una figura di esperto di paesaggio conteso tra due dimensioni opposte.
2020
Ecologia ed estetica nel progetto di paesaggio
978-88-255-2597-7
Paesaggio, Etica, Estetica, Natura, Cambiamento climatico
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11311/1157576
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